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La rincorsa a 5 Stelle del Pd

La campagna elettorale furoreggia e la confusione regna sovrana nelle selvagge politiche delle praterie italiane. Sta di fatto che Renzi ulula strumentalizzando il suo 40% Italicum  “democratico” prendendo a modello la vittoria di Cameron ma senza ammettere che il primo ministro inglese ha stravinto con i collegi uninominali e senza il pasticcio della lista e dei capilisti all’amatriciana italiana, dove la governabilità è rimandata al ballottaggio e ad un premio di maggioranza, ma proprio per la clausola di sbarramento del 3% troppo bassa,favorisce la frammentazione delle opposizioni.

Ma cosa ci possiamo aspettare dalle elezioni regionali e comunali di fine maggio, quando è evidente che prevarrà il trasformismo di aggregazioni spurie – di cui quella della lista capeggiata da De Luca in Campania è il malo esempio – strumento per vincere nelle urne ma odioso per l’effettiva governabilità ed evidentemente bastardo? Poi la campagna elettorale si fa ad annunci e non nei programmi a contatto con il popolo sovrano, programmi inesistenti perché ballerini.

Boschi in prima linea, ministro staffetta partigiana è la protagonista della scena: incassata la riforma elettorale firmata da Mattarella (peraltro è stata un’illusione la nostra che ci fosse coerenza da parte del Presidente della Repubblica nell’attenersi al suo precedente giudizio costituzionalista, poiché Renzi non sarebbe andato avanti!) prima rincorre il salario minimo dei cinque stelle, poi ora il conflitto di interesse.

Vi è un clima da demagogia ossessiva che rende paludose  le promesse di confronto vere sul percorso riformatore, portato avanti a suon di strappi e altro che “compattezza” come la signora ministro dichiara ai quotidiani. Questa campagna elettorale e il futuro del nostro paese cavalcando la demagogia di un partito della nazione fa venir la pelle d’oca a chiunque abbia un minimo di consapevolezza che, solo per fare un esempio, stenta a imboccare una ripresa economica che appunto non c’è e un’occupazione che galoppa negli Usa, nel Regno Unito, si riprende in Spagna, e invece in Italia è inchiodata.

Il 31 maggio gli elettori andranno alle urne. Campania Liguria, Marche, Puglia, Toscana, dove il peculato dei consiglieri uscenti è stato il crimine dominante, sarà comunque un elemento repellente per la motivazione di recarsi alle urne per eleggere un’altra volta persone che poi ci troveremo padroni sul territorio e in Senato (appunto grazie alla riforma Renzi). Padroni dei nostri risparmi del nostro diritto di cittadinanza da quel 2001 in cui una pseudo riforma sbagliata ha concesso alle regioni di sprecare e mettere le mani nelle tasche dei cittadini contribuenti e di questi prossimi padroni domani e con maggiori poteri. Cambi di schieramento, tradimenti comprati, un caleidoscopio faidiano trasversale alla sinistra alla destra che ammorba la politica che non c’è più.

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