Mi chiedo che senso abbia che il Parlamento continui a fare leggi se poi vengono smontate un pezzo alla volta a colpi di sentenze. La notizia che la Consulta ha riconosciuto illegittimo il divieto, previsto dalla legge 40 del 2004, del test pre-impianto per le coppie fertili, al di là del merito pone una questione che è tutto fuorché di lana caprina: ogni legge, per quanto contestata e per quanto il parlamento nei suoi membri possa lasciare a desiderare, è comunque espressione di un potere che si fonda sul principio di rappresentanza. Nella fattispecie, poi, oltre alla legge c’è stato un referendum, quindi una consultazione popolare diretta, il cui esito è noto a tutti. Ma anche così non è bastato. E ricorso dopo ricorso, ora di quella legge non restano che poche briciole. Tutto normale? Non direi, penso anzi si tratti dell’ennesimo sintomo della deriva morale in atto. Perché qui il punto è la valenza culturale della sentenza, specchio di una società che pretende di trasformare ogni suo desiderio in diritto, e di non tollerare di conseguenza alcun divieto. Viene in mente l’ultima scena dell’”Avvocato del diavolo”, bellissimo film con un superlativo Al Pacino, che nella fiction è il titolare di uno dei più grandi studi legali del mondo, sotto le cui spoglie si cela però il diavolo. C’è poi suo figlio (che però non sa di esserlo), interpretato da Keanu Reeves, un giovane e ambizioso avvocato di provincia che per i suoi successi viene assunto nello studio del padre. Pian piano il giovane si rende conto di come stanno le cose, e scopre la vera identità di Al Pacino e il piano da lui organizzato per portare a compimento il suo disegno. A un certo punto c’è un dialogo tra i due, molto interessante ai fini del nostro discorso. “Perché la legge?”, gli chiede Reeves, cioè perché hai scelto proprio il mestiere di avvocato? Ed ecco la risposta: “Perché con la legge puoi fare tutto”. Il senso della frase si capisce nel contesto del film. Perché la specialità dello studio legale del diavolo-Al Pacino è che riesce puntualmente a mandare assolti i suoi clienti. In tal modo il reato viene come cancellato, e con esso il concetto stesso di colpa: attraverso la legge, cioè il diritto, si abbatte a colpi di sentenze la legge morale, la distinzione tra bene e male. Il risultato è che ogni individuo può tranquillamente fare ciò che vuole, senza più alcun limite, nella piena e totale libertà. Dunque il messaggio è chiaro: il diavolo opera per abbattere ogni regola che vincoli la libertà umana. Ma c’è anche il viceversa: dietro ogni forma di libertà assoluta c’è lo zampino di satana. Se ora si passa dal piano della finzione a quello della realtà, intanto è fuori di dubbio che uno dei fenomeni che oggi maggiormente caratterizzano la società è la decisa accelerazione dell’estensione della sfera dei diritti individuali, cui corrisponde in modo speculare e in misura direttamente proporzionale la possibilità per il cittadino di usufruire di un più elevato grado di libertà. Ma questo implica allo stesso tempo il progressivo venir meno di norme, regole, e in generale di tutto ciò che può essere sinonimo di “divieto”. Ed anche quando sorgessero nuovi divieti, questi non sono affatto inquadrabili nell’ambito di una qualche forma di recrudescenza autoritaria, perché spesso e volentieri la loro definizione va nel senso di garantire ai soggetti passivi del divieto una garanzia di autonomia, indipendenza e libertà che prima non avevano. Nell’un caso come nell’altro, sia cioè nel caso del cittadino soggetto attivo di nuovi diritti che nel caso del cittadino soggetto passivo a misura che viene posto un divieto ad altri nei suoi confronti, il risultato è noi oggi noi siamo più liberi di “fare delle cose” che prima non potevamo fare. Ma l’aspetto forse più interessante, e per certi aspetti più inquietante, è che non di rado l’affermazione di questo o quel diritto scaturisce da sentenze, non sono cioè frutto di leggi promulgate dal parlamento, ma di atti giudiziari. Esattamente come nel caso da cui siamo partiti. Ma tant’è. Quello che sta succedendo oggi non nasce per caso, e anzi affonda le sue radici in un processo culturale che parte da lontano, la cui essenza era stata lucidamente profetizzata, e in epoca non sospetta, da Augusto Del Noce: “All’ascesa a Dio si sostituisce l’idea della conquista del mondo, ovvero l’affermazione del diritto che il singolo soggetto ha sul mondo. Diritto che non ha limiti, perché, chiamato al mondo senza il suo volere, egli sente di aver diritto, quasi a compenso di questa chiamata, a una soddisfazione infinita nel mondo stesso”. Era il 1967.
In-giustizia è fatta. L’eugenetica e il triste destino delle legge 40
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