Il “watchdog” dei media russo, il cosiddetto Roskomnadzor, ha inviato una lettera a Google, Twitter e Facebook mettendoli in guardia contro l’avvenuta violazione delle leggi che riguardano il web e un portavoce dell’ente governativo ha dichiarato, proprio giovedì scorso, che i “big” della rete rischiano di essere bloccati se non rispettano tali regole. Una mossa, questa, che sta sollevando molte polemiche tra gli anti-Putin, che gridano già alla “censura”.
LE RAGIONI DELLA RUSSIA
«Nelle nostre lettere ricordiamo regolarmente (alle aziende) quali sono le conseguenze della violazione della normativa», ha spiegato il portavoce del Roskomnadzor, Vadim Ampelonsky. Aggiungendo che, a causa della tecnologia crittografica utilizzata dalle tre aziende, la Russia non ha modo di chiudere i siti web incriminati ma ha possibilità di oscurare solo i singoli contenuti che di fatto violano la legge, bloccando l’accesso a tutti i loro servizi.
Per rispettare la legge, le tre imprese devono consegnare i dati sui blogger russi che contano più di 3.000 lettori al giorno e chiudere i siti web che il Roskomnadzor ritiene contengano incitazioni alla «protesta non autorizzata e ai disordini», ha specificato Ampelonsky. «Ci rendiamo conto che (Google, Twitter e Facebook ndr.) sono registrati sotto la giurisdizione degli Stati Uniti. Ma credo che in questo caso debbano dimostrare lo stesso rispetto nei confronti della legislazione nazionale», ha dichiarato. Se le aziende non prestano attenzione alle richieste del governo russo per quel che riguarda i dati, ha aggiunto, «saremo costretti ad applicare necessariamente delle sanzioni».
PUTIN VS. LIBERTÀ D’ESPRESSIONE
Vladimir Putin, ex spia del KGB, una volta ha definito internet come un «progetto della CIA», rimarcando la profonda diffidenza che c’è tra Mosca e Washington, i cui rapporti sono tutt’oggi molto tesi. Alla fine dell’anno scorso, il leader del Cremlino aveva promesso che non avrebbe messo internet sotto lo stretto controllo del governo, ma i critici vedono l’approvazione delle leggi riguardanti internet e il web come parte di un disegno – iniziato nel 2012, quando Putin è tornato al potere per la terza volta – volto a fare un giro di vite sulla libertà di espressione. Una legge approvata lo scorso anno, per esempio, dà agli inquirenti russi il diritto di bloccare siti web che contengano informazioni su proteste popolari, anche senza una sentenza della Corte.
LA VERSIONE DI FACEBOOK
In altre normative, i blogger con largo seguito devono passare attraverso una procedura di registrazione ufficiale e la loro identità deve essere riconosciuta e confermata da un ente governativo. Facebook ha spiegato che, nel suo caso, risponde alle richieste del governo rispetto ai dati dei suoi utenti in riferimento alla conformità con le politiche aziendali, le leggi locali e si accerta che soddisfino gli standard internazionali del processo legale.
DATI E CIFRE SULLA TRASPARENZA DEI GIGANTI DEL WEB
Un sito web, che si occupa di pubblicare le statistiche sulla gestione delle richieste di dati da parte di Facebook, mostra come quest’ultimo ne abbia respinte due inviate dal governo russo, lo scorso anno. E che, d’altra parte, ha risposto a quasi l’80% delle oltre 14.000 richieste effettuate dai tribunali statunitensi, dalla polizia e dagli enti governativi, nel secondo semestre del 2014. Twitter, dal canto suo, ha registrato un tasso di risposta più o meno simile negli Stati Uniti, ma ha respinto ben 108 richieste del governo russo nella seconda metà dello scorso anno, stando ai dati presenti nel rapporto sulla trasparenza della società.
Nella relazione semestrale sulla trasparenza, Google ha dichiarato, invece, di aver fornito «alcune informazioni» sugli utenti, rispondendo al 5% delle 134 richieste del governo russo effettuate nella seconda metà del 2014. Anche in questo caso, molto meno rispetto agli Stati Uniti. L’azienda dice, inoltre, di essere conforme alle richieste che seguono procedure giuridiche riconosciute e le politiche di Google.