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Brevetto unitario, come cambieranno le strategie delle imprese italiane

Meno di due settimane dopo il rigetto da parte della Corte di Giustizia UE dei due ricorsi della Spagna contro i regolamenti di attuazione della cooperazione rafforzata per l’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (EUCJ, 5 maggio 2015, C-146/13 e 147/13), l’Italia ha deciso di cambiare posizione sul ‘Brevetto unificato europeo’, dal quale si era tenuta fuori tre anni fa ed ha deciso di aderire.

Il 13 maggio scorso, il Comitato interministeriale per gli Affari Europei (Ciae), presieduto a Roma dal Sottosegretario agli Affari Europei, Sandro Gozi, ha dato via libera all’adesione alla cooperazione rafforzata e insieme all’avvio dell’iter parlamentare della legge di ratifica dell’Accordo sull’istituzione della Unified Patent Court, di cui una Commissione di esperti nominata dal Ministero dello Sviluppo Economico aveva già predisposto il testo.

Il sottosegretario Gozi, al termine della riunione, ha sottolineato che vi era una contraddizione nella posizione dell’Italia: “Siamo gli unici nell’Ue adaver sottoscritto l’accordo sulla giurisdizione senza però accettare l’istituto giuridico, ovvero il ‘brevetto unitario’, che quella giurisdizione è chiamata ad applicare”.

Ufficialmente il no dell’Italia del 2012 nasceva dal fatto che l’italiano non fosse stato scelto tra le lingue ufficiali insieme a francese, tedesco e inglese, ma, ufficiosamente, ha continuato a lungo a farsi sentire la pressione delle lobbies di una parte del mondo professionale che difendeva uno status quo ritenuto economicamente vantaggioso. Per il mondo produttivo italiano (le cui principali associazioni hanno sempre tutte sostenuto il pacchetto Brevetto Unitario-Unified Patent Court) i vantaggi verrebbero invece dal nuovo brevetto e sarebbero tanto più forti per le piccole e medie imprese, che formano il cuore del nostro tessuto industriale e che soffrono in modo proporzionalmente maggiore dei costi della brevettazione e della difesa giudiziaria contro la contraffazione: attualmente il solo costo delle traduzioni dei brevetti concessi nelle lingue nazionali, che il nuovo sistema eviterebbe, è stimato tra 180 e 270 milioni di Euro l’anno, di cui il 20% è sostenuto dalle imprese italiane.

Autorevoli fonti europee hanno inoltre fatto sapere che l’ingresso dell’Italia aiuterà considerevolmente a tenere i costi di registrazione e di mantenimento a un livello competitivo. Invece, restando fuori, l’Italia perderà la quota corrispondente delle relative tasse e i conti dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (che oggi ha anche importanti competenze nella lotta alla contraffazione e nel finanziamento dell’internazionalizzazione del nostro sistema industriale) avrebbero rischiato di non tornare più.

Imprese e studi legali si trovano perciò davanti a nuove sfide. Quando il sistema unitario sarà entrato a regime cambieranno infatti le strategie di enforcement dei titolari dei brevetti, così come le strategie difensive dei soggetti sospettati di contraffazione.

La riduzione dei costi per la brevettazione, ma anche per la difesa giudiziaria, consentirà verosimilmente di liberare risorse per fare e per difendere l’innovazione, consentendo di reagire con più decisione alle violazioni dei diritti: se attualmente le cause di contraffazione vengono concentrate dai titolari dei diritti fondamentalmente sulla base del criterio dei «larger markets», con il nuovo meccanismo diventerà più vantaggioso attaccare nei Paesi produttori, e l’Italia potrà diventare una venue competitiva per le azioni di contraffazione, specialmente se, come sembra, pur avendo un notevole contenzioso brevettuale (più di 400 nuove cause ogni anno), l’Italia sceglierà di avere un’unica sede locale della Unified Patent Court, ubicata a Milano.

La soluzione equilibrata al problema della biforcazione prevista nell’ultima versione delle RoP (Rules of Procedure) consente infatti di superare gran parte delle perplessità che il sistema aveva suscitato inizialmente, tanto più che potrà venire in considerazione anche la responsabilità dell’attore, in caso di azioni fondate su brevetti poi dichiarati nulli, in base ad anteriorità che il titolare non poteva ignorare.

Sulle strategie delle parti giocherà un ruolo significativo anche la possibilità, riconosciuta dalle Rop, di far valere in un’unica causa (a meno che ragioni di opportunità non vi si oppongano) la nullità o la contraffazione di più brevetti, il che è critico in molti settori (si pensi alla televisione o alla telefonia, dove i prodotti contraffatorî incorporano spesso un gran numero di brevetti), ma anche nei casi di brevetti dipendenti, per evitare la duplicazione di attività processuali e l’aumento dei costi.

Allo stesso modo sulle strategie di difesa influisce positivamente il fatto che le Rop abbiano chiarito che un’azione di nullità e un’azione subordinata di accertamento negativo della contraffazione possono essere proposte e trattate insieme, per evidenti ragioni di economia dei processi. Tuttavia l’interesse ad agire in accertamento negativo sembra in realtà nel sistema dell’UPC molto meno stringente di quanto non sia nell’attuale sistema processuale italiano, dove serve essenzialmente a prevenire il rischio di misure adottate inaudita altera parte.

Un ruolo importante nelle strategie difensive dei soggetti che temono di essere attaccati per contraffazione avranno infatti le protective letters con effetti unitari (cioè automaticamente estese a tutte le Divisioni, centrale, regionali e locali) e della durata di 6 mesi rinnovabili, che il soggetto che teme di essere convenuto in contraffazione può inviare, mettendosi così sostanzialmente al riparo in tutta Europa dal rischio di misure d’urgenza emanate senza aver sentito prima le sue ragioni.

Questo comporta un rilevante vantaggio specie per le piccole e medie imprese, non più obbligate ad agire per prime (appunto in accertamento negativo e nullità, spesso con azioni separate), e riducendo i costi di cause plurime, ciascuna da affrontare nella lingua del Paese del foro, e, soprattutto, la “forza” dei soggetti dotati di maggiori mezzi economici. Sempre in questa prospettiva, inoltre, rispetto ad oggi il nuovo sistema consentirà di invalidare più facilmente rispetto all’attuale situazione, con un’unica causa, i brevetti privi dei dovuti criteri di brevettabilità, malgrado la concessione.

Ciò che è certo – e questo è a mio avviso il dato più significativo – è che la Unified Patent Court segnerà la fine definitiva della pericolosa illusione della “via italiana al contenzioso brevettuale” dal punto di vista del diritto sostanziale, cancellando anche i residui – peraltro ormai ampiamente in via di superamento anche da parte dei nostri Giudici – dell’idea che validità e contraffazione (quest’ultima in particolare sotto il profilo dell’equivalenza) si debbano valutare secondo criteri diversi da quelli risultanti dall’EPC (e, per l’equivalenza, dal suo protocollo interpretativo), cui pure il nostro ordinamento si è pienamente adeguato dal punto di vista normativo.

Questo ulteriore progresso in termini di certezza del diritto sarà probabilmente il frutto più importante – tanto per i titolari dei brevetti che per i soggetti accusati di contraffazione – del nuovo sistema del Brevetto Unitario.


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