Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori, pubblichiamo l’intervista di Marcello Bussi all’economista ed ex ministro Paolo Savona uscita nei giorni scorsi sul quotidiano Mf diretto da Pierluigi Magnaschi
Paolo Savona, professore di politica economica e ministro dell’Industria nel governo Ciampi, è un eurocritico della prima ora. Ecco che cosa pensa del probabile accordo tra la Grecia e il Brussels Group.
Se le indiscrezioni dei funzionari del governo greco si riveleranno vere, non ci saranno tagli ai salari né alle pensioni, l’obiettivo del surplus primario sarà abbassato ed è stata trovata una soluzione di lungo termine al debito greco. Suona anche a lei come una vittoria di Tsipras?
Bisognerebbe conoscere i particolari. Non mi pare che l’accordo comporti una soluzione radicale del problema dell’eccesso del debito greco. Sembrerebbe che la soluzione sia stata spostata in avanti nel tempo. Però Tsipras può dire che rispetto ai governi precedenti è riuscito almeno a essere preso in seria considerazione.
La Grecia è stata finalmente ascoltata perché ha minacciato il default, che avrebbe tra l’altro come probabile conseguenza l’uscita di Atene dall’euro?
Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis è un esperto della teoria dei giochi: la controparte non deve conoscere qual è la tua strategia, altrimenti hai perso in partenza. È quello che non sta facendo il premier Matteo Renzi, come ha dimostrato in occasione della recente lettera inviata alla Commissione Ue, in cui sostiene la necessità di cambiare la struttura dell’Eurozona e di introdurre una politica diversa, che può essere attuata con gli strumenti vigenti. Certo, cominciare a porre il problema della crescita economica e dell’occupazione è già qualcosa. Ma se a tutto questo premetti che segua la politica della cancelliera tedesca Angela Merkel, il tuo potere negoziale è pari a zero. Sembrerebbe che Renzi ignori la teoria dei giochi. Questo vale anche per i governi precedenti, che hanno sempre detto di sì a tutto giustificandosi con la storia del mercato pronto a speculare contro di noi.
Invece non è così?
Al tavolo delle trattative Varoufakis non parla di attacchi speculativi ma dice che la Grecia non è in grado di ripagare il debito e che la gente muore di fame. E fa bene, perché se non c’è tensione in una trattativa alla fine non si trova un punto d’incontro, un compromesso.
Che cosa dovrebbe fare allora l’Italia?
L’Italia può solo chiedere che la Bce non acquisti titoli di Stato ma titoli per finanziare il piano di investimenti del presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. Piano che potrebbe rilanciare l’economia dell’intera Eurozona. Ma la Bce deve intervenire con finanziamenti diretti perché, se lo si lascia allo spontaneismo del mercato, il piano Juncker non troverà mai le risorse necessarie.
Ma lo spread dell’Italia non è sceso proprio perché la Bce, tramite le banche centrali nazionali, acquista i nostri Bot e Btp?
Ricordiamoci che l’Italia non è sotto attacco speculativo e può fare come il Messico, che ha emesso con successo un bond a 100 anni. Di certo non avremmo problemi a collocare titoli a scadenza trentennale. I fondi pensione Usa sono disperati perché ormai i rendimenti dei titoli di Stato sono troppo bassi, se non addirittura sotto zero, e quindi hanno acquistato a piene mani il titolo centennale messicano. Comprerebbero senza problemi anche i bond italiani.
Se verrà davvero raggiunto un accordo tra creditori e Grecia che conceda qualcosa a quest’ultima, sarà l’inizio di una vera svolta nelle politiche dell’Eurozona?
Finora la Merkel ha sempre sostenuto che certe concessioni non devono aprire la porta ad analoghe richieste da parte dell’Italia o della Spagna o del Portogallo.
Ma il clima politico non sta cambiando?
La vittoria di Syriza in Grecia, quella di Podemos alle amministrative spagnole e il prossimo referendum sulla permanenza nell’Ue del Regno Unito stanno cominciando a preoccupare i gruppi dirigenti europei. Ora c’è il timore che il castello della burocrazia di Bruxelles possa crollare. Qualcosa dovrà cambiare.
Lei pensa che il Regno Unito uscirà dall’Ue?
No, non uscirà perché dovrebbe rinunciare al mercato comune e ai contributi all’agricoltura che interessano anche a Carlo d’Inghilterra.