La riforma della Buona Scuola torna al centro dei riflettori. Si apre infatti questa settimana l’esame del ddl al Senato dove il governo ha i numeri contati. Dal fronte dei presidi arrivano però nuove critiche alla riforma, derubricata a “una serie di princìpi innovativi e interessanti non coerentemente attuati dalle scelte normative, e quindi con la previsione, se attuata così, di pochi cambiamenti”.
Chi parla è Roberto Pellegatta, tra i fondatori di Disal, l’associazione dei dirigenti scolastici delle scuole autonome e libere, di cui è stato anche presidente. Il problema, ragiona Pellegatta con Formiche.net, è che nel testo “mancano le risposte agli effettivi problemi più gravi”, che lui subito elenca: “il governo delle scuole statali, la sostituzione della gestione centralizzata con l’autonomia e il federalismo, la forte ingerenza sindacale nel processo culturale e didattico, la valutazione dei docenti e dirigenti e del personale non docente, l’autonomia finanziaria con parametri calcolati sul costo standard del servizio, un reclutamento dei docenti affidato alle scuole, la parità di competizione tra scuole statali e non statali con adeguato controllo su tutte”.
UN’OCCASIONE PERSA PURE SUI PRECARI
Siamo quindi al panniccello caldo, dato che “le soluzioni individuate non mutano sostanzialmente l’organizzazione attuale e in alcuni casi la peggiorano, come nella procedura di elaborazione del Piano triennale dell’offerta formativa”. Non bastasse, secondo Pellegatta, “perseguendo pervicacemente il tentativo di un intervento complessivo, temo si sia persa per quest’anno l’occasione dell’eliminazione della vasta precarietà di posti di insegnamento”. Eppure, continua, “la necessità di dare stabilità a tutti i docenti in servizio era un obiettivo importante per gli studenti prima ancora che per i docenti. Non parlo di una verifica del merito, ma almeno della stabilità. Oggi ad essere maggiormente penalizzati dall’instabilità di quasi 180.000 docenti sono gli istituti professionali ed i tecnici”.
ECCO DOVE E COME INTERVENIRE
I correttivi da apportare al ddl Buona Scuola ora al Senato, a detta del Disal, sono ben altri da quelli teorizzati dai sindacati confederali. “Innanzitutto occorre fare una scelta chiara sul governo delle scuole statali – spiega Pellegatta -, quindi introdurre un sistema coerente e condiviso di valutazione dei docenti e dirigenti e attribuire solo ai dirigenti scolastici da settembre potestà di nomina sui posti vacanti di insegnamento”. Per una reale autonomia scolastica “si deve partire solo dal basso”, motivo per cui “si deve consentire a quelle scuole che hanno la necessaria capacità progettuale interna di avviare una sperimentazione per tre anni di autonomia finanziaria e gestionale piena, per ricavare in poco tempo elementi verificati e chiari di un rinnovamento dell’intero sistema”. Infine, aggiunge l’ex presidente Disal, “mi auguro che si ripensi seriamente alle misere modifiche sul rapporto tra scuola e lavoro introducendo norme chiare che permettano in Italia il sistema duale tedesco, unico rimedio alla disoccupazione giovanile”.
IL “SETTEMBRE NERO” DEI PRESIDI
Sul presunto preside-sceriffo “è stato alzato un polverone per evitare che si mettesse mano ai problemi veri”. Pellegatta è convinto infatti che la polemica mediatica abbia “messo in secondo piano l’individuazione urgente di modalità eque per attuare la più importante proposta governativa di eliminazione del tutto il precariato”. Non a caso, nessuno dice che dopo l’estate “si presenterà un ‘settembre nero’: assisteremo alla drammatica carenza di dirigenti in oltre 1500 scuole, così che più di un terzo delle scuole italiane avranno un dirigente scolastico a mezzo servizio, costretto (quando facesse bene il proprio mestiere) a fare la trottola tra 20 o 30 plessi scolastici”.
IL SINDACATO ALLEATO DELLA BUROCRAZIA
“Il sindacato scuola italiano da decenni ha debordato dalla propria funzione di contrattazione del giusto salario, divenendo, a braccetto la burocrazia, co-gestore del sistema fino ad ingerire nella didattica e nel governo delle scuole”. Pellegatta lo dice tutto d’un fiato, come se fosse una sentenza. “In nessun Paese occidentale – rimarca – abbiamo questa situazione che ha trasformato la professione docente e direttiva in una attività impiegatizia. E’ divenuto così, prevalentemente, una forza conservativa ormai non tollerata più neppure dalla cultura di sinistra che lo generato”. Senza dimenticare che “lo stesso sindacato ha bloccato il libero sviluppo di associazioni professionali come strumento di miglioramento culturale e didattico: oggi sono pochissimi tra docenti e dirigenti che scelgono un serio e costante aggiornamento professionale”. “Mi auguro – chiosa – che i più intelligenti nel mondo sindacale abbiano il coraggio di una rivoluzione interna”.