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Domani a Bologna e sabato prossimo a Roma. Per difendere i nostri figli

L’ultima (si fa per dire) bordata è arrivata direttamente da Strasburgo. Dove martedì scorso il Parlamento europeo ha approvato, seppur con una maggioranza risicata (341 sì contro 281 no e 81 astensioni) la Relazione Noichl sulla “strategia dell’Unione Europea per l’eguaglianza tra uomo e donna dopo il 2015”, che parla espressamente di riconoscere le famiglie gay, di diritto all’aborto e di libera scelta del “genere” anche da parte dei bambini.

L’ennesimo esempio che conferma, caso mai ce ne fosse bisogno, l’importanza della manifestazione di Roma del 20 giugno prossimo, promossa dal Comitato “Difendiamo i nostri figli”.

Sarà un caso, ma nei confronti dell’ideologia gender si sta assistendo, soprattutto in ambito cattolico, allo stesso film andato in onda negli anni ’50 e ’60 nei confronti del marxismo. E come all’epoca non pochi non videro, o fecero finta di non vedere, che il marxismo era un unicum, di cui l’ateismo radicale era parte consustanziale (Del Noce docet), e che per questo era impossibile separare una parte “buona” da una “cattiva” – illusione dossettiana poi sfociata in quel fenomeno devastante per la società italiana che fu il cattocomunismo – allo stesso modo oggi non si vede, o si fa finta di non vedere, che l’ideologia gender è un moloch che o lo si combatte a 360 gradi – dicasi: nelle scuole, in parlamento, sui media, ecc. – o alla lunga si perderà la guerra pur vincendo magari qualche battaglia. E poi, vogliamo dirla tutta?

L’uguaglianza e la non discriminazione e l’autodeterminazione del proprio genere c’entrano una beata mazza. Le potentissime lobby che stanno dietro la propaganda gender sono già oltre, e puntano ormai al bersaglio grosso, ovvero sdoganare e legalizzare la pedofilia. Perché poi qualcuno mi dovrebbe spiegare per quale motivo un omosessuale o una lesbica, regolarmente uniti o sposati, e avendo magari adottato un bel bambino (tramite utero in affitto, ad esempio), non potrebbero essere liberi di intrattenere rapporti con costui (o costei).

Per quale ragione? E non ci vuole un genio per capire che se ce l’hai già in casa, il ragazzetto o la ragazzetta, potendo sposarti e adottare, diventa tutto più facile. Ecco perché bisogna scendere in piazza il 20 giugno: per difendere i nostri figli, per difendere i più deboli e gli innocenti. E a proposito di innocenti: anche se solo idealmente, domani sarò a Bologna per la 9 ore nazionale di preghiera organizzata dall’associazione “No194” dell’avvocato Pietro Guerini, contro l’aborto e per il referendum abrogativo della legge 194. La veglia alla fine si svolgerà regolarmente, ed è stata solo spostata per motivi di viabilità dall’ospedale Maggiore nella zona della centralissima basilica di S. Petronio. Tutto bene? Mica tanto.

Resta lo sconcerto per l’indegna caciara inscenata dal Pd locale, che ha chiesto a prefetto e questore di non autorizzare la manifestazione in quanto sarebbe stata “fortemente provocatoria”, avrebbe veicolato “espressioni di intolleranza” e si sarebbe svolta con “modalità aggressive” tali da mettere a rischio niente meno che l’ordine pubblico. Oibò. Provocazione una veglia di preghiera? E la festa organizzata qualche mese fa dall’Arcigay bolognese in un locale interno alla sede dello stesso comune (quindi finanziata con soldi pubblici), dove uomini travestiti da Gesù hanno mimato pratiche sessuali con una grossa croce, cos’era quella? Uno scherzo innocente? E dov’erano le forze politiche che ora si sono stracciate le vesti? Ma tant’è.

E’ noto che i discepoli di Voltaire, fedelmente al loro (cattivo) maestro, in fatto di intolleranza non sono secondi a nessuno. Per il futuro, consiglierei a lor signori di fare memoria di queste parole: “La tolleranza – sappilo – è solo e sempre puramente nominale…E questo perché una «tolleranza reale» sarebbe una contraddizione in termini. Il fatto che si «tolleri» qualcuno è lo stesso che lo si «condanni». La tolleranza è anzi una forma di condanna più raffinata. Infatti al «tollerato» – mettiamo al negro… – si dice di fare quello che vuole,…che il suo appartenere ad una minoranza non significa affatto inferiorità…Ma la sua «diversità» – o meglio la sua «colpa» di essere diverso – resta identica sia davanti a chi abbia deciso di tollerarla, sia davanti a chi abbia deciso di condannarla”. Firmato: Pier Paolo Pasolini



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