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Bpm, Banco Popolare e Ubi. Ecco chi brinda per il metadone di Draghi

Quale sarà l’effetto del metadone monetario della Bce sulle banche europee? L’interrogativo se l’è posto la squadra di analisti di Mediobanca Securities capitanata da Antonio Guglielmi. Ecco le risposte, i numeri e gli scenari. Banca per banca. Paese per Paese.

L’ITALIA SI SALVA, POPOLARI IN TESTA
Solo otto delle 41 banche analizzate – si legge nel report – mostrano un impatto neutro o leggermente positivo sull’utile per azione. Si tratta di Banco Popolare, Bpm, Creval, Ubi, Intesa Sanpaolo, Handesbanken, Swedbank e Lloyd’s. Gli sconfitti con un rischio sull’eps del 20-30% sono la spagnola Bankinter, Danske, Santander, Royal Bank of Scotland, Commerzbank, Caixabank, Bbva, Sabadell e l’austriaca Erste. Dunque, long su Italia e Francia, short su Europa core e Spagna.

DAVIDE SCONFIGGE GOLIA
Insomma, la povera periferia bistrattata vince sui muscoli della Germania, all’incirca. In realtà “i vincitori marginali sono Italia e Francia, i cui istituti di credito dovranno limare gli eps del 7 e dell’8% rispettivamente rispetto al 12% medio europeo. I primi riflettono un repricing più rapido e più vasto del passivo, i secondi una resilienza dei margini sopra la media. Austria e Regno Unito appaiono lepeggio posizionate per beneficiare dal minore costo del passivo, mentre Scandinavia e Spagna sembrano destinate alla maggiore erosione dei margini dell’attivo.

L’ANALISI

Il lavoro di Mediobanca si basa sull’analisi di 11,5 trilioni di passività di cui un trilione è costituito da funding a medio termine con scadenza nel 2016, il resto da depositi. In assoluto è l’Italia la più beneficiata “grazie al 56% di finanziamenti a medio lungo che scadono nel 2016, il 15% dei prestiti totali (contro il 38% e l’8% di media Eu, rispettivamente); Ubi e Banco Popolare guidano la squadra vincente con un impatto positivo sugli utili del +20%. Il repricing dei Covered bond pone anche le banche scandinave al top, mentre lo spazio limitato per il rifinanziamento a lungo terminesi traduce in un aumento solo single digit per le banche svizzere e le grandi spagnole”.

PERCHE’ RESISTE ANCHE LA FRANCIA

I mutui a tasso fisso e i prestiti corporate con scadenze superiori al 2016 mostrano una maggior resistenza dei margini dell’attivo e questo spiega “perché le banche francesi e quelle britanniche sono sul carro dei vincitori sull’attivo, con Intesa Sanpaolo la principale eccezione della periferia sul fronte della resilienza dei margini. Spagna e Scandinavia sono sul fronte opposto, dal momento che il 45% dei loro asset totali sono esposti al Qe, essendo costituti da prestiti a tasso variabile. Il risultato è che le prime 15 banche quanto a sofferenza sui margini dell’attivo siano proprio in Scandinavia, Europa core e Spagna, con il 20% degli utili a rischio, tre volte tanto il Regno Unito e la Francia”.

MA IL SETTORE RESTA OUTPERFORM

“Stimiamo un upside pre QE sul settore del 9% sul 2016, che compenserà il calo del 12% degli utili dovuti alla pressione dei margini, il che ci mette di fronte a un settore non a sconto ma nemmeno in bolla – conclude il report di Mediobanca Securities – ed è abbastanza per conservare il nostro giudizio outperform visto che ci aspettiamo nuovo Qe e un incremento ciclico nel secondo trimestre del 2015 dovuto al prezzo del petrolio a sconto e ai costi di finanziamento e al cambio. Dubitiamo che il Qe possa avere impatti strutturali sulla crescita, date le sue dimensioni ridotte (l’11% del Pil europeo contro il 20% di quello che era stato investito in relazione al Pil Usa o britannico), il mercato banco-centrico (il 74% del debito corporate è bancario, il doppio rispetto agli Usa) e una trappola della liquidità che fa che la moneta sia endogena nell’Ue (correlata al Pil e non al bilancio della Bce). Dunque ci aspettiamo che Mr Draghi replichi il Qe il prossimo anno e ne raddoppi la misura”.


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