Gli eclettici hanno fame di vita ed effettivamente chi ha fame di vita corre il piacevole rischio di diventare eclettico. E di artisti dalle mille sfaccettature, eclettici appunto, ce ne sono diversi in Italia. Alcuni si sono ritrovati in Largo Augusto 8 a Milano e li resteranno fino all’11 ottobre prossimo. Nello spazio creativo allestito ad hoc trovano la loro ragion d’essere pittori, fotografi, sculturi, attori, cantanti, attrici accomunati dalla passione per l’arte, in tutte le sue forme. Della mostra “Gli eclettici – Fame di vita”, che rientra in una delle numerose iniziative della Fabbrica del Sorriso (Mediafriends) fanno parte: le foto di Davide Mengacci, i quadri di Dario Ballantini, Giorgio Restelli e Nancy Brilli, solo per fare qualche nome.
Passeggiando in questo luogo impregnato di colori e magia ci si imbatte a un certo punto in una sezione dedicata a Giorgio Faletti. Ci sono i suoi quadri, ma anche alcuni cimeli che raccontano l’uomo e l’artista: il casco della moto, la giacca di pelle, alcune foto storiche con gli amici del derby. Proprio qui, abbiamo incontrato Roberta Bellesini Faletti, la moglie di Giorgio, una donna dalla voce magnetica, dallo sguardo potente che porta sul viso i segni di una forte mancanza, quella che ha sperimentato dopo la morte del marito.
A distanza di un anno da quel 4 luglio, Roberta ha deciso di continuare ad alimentare il suo amore per lui attraverso le passioni e la creatività, entrambi filo conduttore dell’esistenza di Faletti. In una chiacchierata con Fomiche.net, la signora Faletti ci ha raccontato gli anni del loro matrimonio e quanto si stata fortunata a sposare un eclettico di questo calibro.
Come nasce questa idea?
Un giorno incontro Giorgio Restelli che mi dice della mostra e mi chiede se mi avrebbe fatto piacere inserire uno spazio che parlava di Giorgio, però a 360 gradi, cioè con un pezzetto di lui in ogni ambito in cui si è cimentato. Io ci ho pensato un nano secondo poi ho detto subito di sì.
Lui avrebbe accettato subito?
No ci avrebbe ragionato un po’ perché fondamentalmente era una persona timida e anche un po’ insicura so che non nessuno lo avrebbe mai detto perché sul palco sembrava molto sicuro ma quando faceva qualcosa di nuovo lui aveva l’ansia da esordiente.
Faletti dipingeva, cantava, recitava, scriveva. Secondo lei in quale di queste quattro arti era più a suo agio?
Certamente nella musica, non ho dubbi nel dirlo. Era bravissimo nello scrivere, e penso che questo sia un dato di fatto, ce ne siamo accorti tutti ecco, ma nella musica aveva la possibilità di mettere insieme musica e parole.
Se ripercorrere la vostra storia attraverso i ricordi, quale la farebbe più sorridere?
Ho un’immagine nitida del viaggio che abbiamo fatto in Arizona quando facevamo le ricerche per il suo terzo libro “Fuori da un evidente destino”, siamo stati per 4 mesi da soli io e lui in America. Lì ho conosciuto dei lati di mio marito che non conoscevo e mi sono rinnamorata di lui.
Che peso ha avuto nella sua vita essere la moglie di un personaggio ingombrante come Giorgio Faletti?
Vuol dire essere vicina 24 ore al giorno. Lui era un adolescente cronico e aveva bisogno di conferme continue, sul lavoro e in casa. Quando ad esempio cucinava un piatto nuovo ci teneva moltissimo al mio giudizio. E anche quando scriveva i libri, voleva che io li leggessi perché si fidava del mio parere. A volte gli scrittori hanno la trama del loro volume talmente chiara nella loro testa che saltano dei passaggi necessari invece al lettore, per questo ascoltava le mie critiche.
La vostra vita insieme è stata pienissima…
Quasi come se fossimo stati sposati quarant’anni.
Quanto le manca?
Da uno a cento direi mille.
Che cosa l’ha fatta innamorare di Faletti?
Il suo entusiasmo. Quando lui parlava dei suoi progetti aveva una luce negli occhi inediti.
Come vi siete conosciuti?
In un modo italianissimo: ci siamo incontrati a casa di amici per vedere la finale degli Europei del 2000.
Dopo “La Piuma”, primo volume postumo, leggeremo qualcos’altro?
A livello editoriale no. Debutta in questi giorni al Teatro Alfieri di Asti lo spettacolo teatrale “L’Ultimo giorno di sole” che aveva scritto nel 2013 per Chiara Buratti, sono sette monologhi e otto pezzi musicali. Ho deciso di produrlo perché lui ci teneva moltissimo, lo aveva scritto dalla prima riga all’ultima nota. Avrebbe voluto fare la regia, non ha potuto e allora io ho coinvolto Fausto Brizzi che è stato felicissimo. La direzione musicale è invece affidata ad Andrea Mirò e Giulia Mazzoni accompagnerà l’intera piece al piano.
Perché proprio la Buratti?
L’avevamo vista una sera a teatro e lui era rimasto folgorato. Mi aveva detto voglio scrivere qualcosa per lei e infatti lo ha fatto.
Tra gli amici di Giorgio, chi le è stato particolarmente vicino dopo la sua morte?
Tutti, ognuno a suo modo. Sono rimasta molto sorpresa dal fatto che anche persone che io non conoscevo bene hanno deciso di farmi sentire il loro affetto, perché vedono in me un pezzetto di lui.