Diciamolo subito: le frasi di Matteo Renzi sulle “capacità” di Enrico Letta le lascio alle valutazioni della politica e degli elettori. Da quel che emerge dalla vicenda delle intercettazioni di cui hanno parlato i quotidiani (Il Fatto in testa), rilevano due ulteriori aspetti, in parziale ma non paradossale contraddizione.
Il primo è che in Italia continuano ad uscire senza sosta sui giornali private conversazioni legate ad indagini, siano tali conversazioni rilevanti o meno per le indagini stesse: il Grande Fratello non solo ascolta (e passi) ma è pieno di buchi e rivoli, tanto da consigliare tutti noi a parlare in codice anche per il quotidiano gossip da ufficio. Il secondo è che, una volta uscite, con queste stramaledette intercettazioni occorre fare i conti. Il punto in questione riguarda il livello di familiarità che evidentemente lega la politica alle alte sfere dei poteri pubblici. C’è un Generale della Guardia di Finanza, candidato a guidare un fondamentale corpo di polizia di questo Paese, che parla con segretari di partito, ministri e politici non già di affari che concernono il suo mandato, nel qual caso l’unico referente diretto non potrebbe che essere il Ministro dell’Economia e delle Finanze. Ma – almeno a leggere quanto riportano i giornali – discetta di ribaltoni, di candidature alla Presidenza della Repubblica, di nomine di vertice, addirittura di indagini che lo hanno coinvolto (e che pure lo hanno visto riconosciuto estraneo ai fatti). In altre parole, colpisce che sia del tutto assente quella seppur minima distanza sanitaria opportuna – anzi, necessaria – tra sfera politica e sfera esecutiva che dovrebbe regolare una sana dinamica dei poteri pubblici. Nulla di illecito, naturalmente. E niente da dire sulle competenze dei conversanti.
Ma resta un certo amaro in bocca nel percepire le relazioni di un circolo esclusivo assolutamente non trasparente ed inaccessibile ai più, in cui si dicono e si condividono le cose che non vengono dette in pubblico, nelle trite e ritrite dichiarazioni sui giornali e nei talk show. Così gira il mondo, si obietterà. Vero. Ma riceverlo in piena faccia no: soprattutto quando nel Paese c’è chi si sbatte sul merito e sulla necessità di far sì che in ogni seggiola di natura pubblica sieda la persona giusta, la cui scelta sia dettata per quanto umanamente possibile da criteri oggettivi. Asettici, magari. Ma quella, evidentemente, è un’altra storia.