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Le due sfide per l’Italia dopo l’attentato al Cairo

Questo commento è stato pubblicato oggi su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi

Se per caso il mondo libero si fosse dimenticato del pericolo incombente rappresentato dall’esistenza dell’autoproclamatosi Stato islamico, detto Isis, niente paura: ci pensano loro stessi a ricordarcelo. Ma con l’autobomba che alle 6.30 di ieri mattina ha colpito il Consolato italiano a Il Cairo e che essi, i terroristi, hanno prontamente rivendicato, l’allarme è ancor più particolare, perché suona forte soprattutto per il nostro Paese.

Allarme e non allarmismo, come distinguono le istituzioni che segnalano il nuovo rischio, ma precisano che l’Italia “non si farà intimidire”. E’ il modo giusto, ossia sereno, ma serio, per affrontare da italiani consapevoli questa minaccia universale di barbarie che già altre nazioni e popoli hanno purtroppo conosciuto con tributo di sangue innocente.

Ora la minaccia bussa alle porte di casa, il nostro Consolato in Egitto, ed è perciò importante prepararsi al meglio per evitare il peggio. Prevenire per impedire. Non siamo più ai proclami farneticanti del tipo “marceremo su Roma” che questi oscurantisti della violenza avevano pur lanciato di recente. Adesso l’esplosione in Egitto va oltre il delirio. Dal proclama al tritolo, e guai a sottovalutarlo.

Almeno due sembrano le strade obbligate per rispondere a chi odia e ci odia, e per rassicurare gli italiani che la guardia è alta. La prima passa dalla collaborazione con tutti gli Stati e gli organismi, peraltro moltissimi, interessati a fermare attentatori e tagliagole. Collaborazione totale: soldi, personale, strategie comuni, qualunque cosa risulti necessaria per sradicare insieme il rancore e la violenza dilaganti. Sconfiggere il terrorismo è il presupposto della moderna libertà civile, democratica e religiosa: il senso stesso delle nostre vite.

La seconda strada è conoscere bene il nemico prima che colpisca nel buio, dunque un’attività diligente di rapporti fra polizie, e non solo fra governi, che è tipica delle “intelligence”. La nostra sicurezza ha bisogno di un robusto lavoro di investigazione in Italia e all’estero da parte delle autorità preposte.

Mai come in questo tempo di pace che oggi subisce la più grave sfida dal dopoguerra, c’è bisogno di concordia tra forze dell’ordine e magistratura, fra il ruolo dei militari italiani nelle aree calde del mondo e le nostre istituzioni nei luoghi che contano, si chiamino Unione europea, Onu, Nato o vertici bilaterali con Stati, specie dell’Africa, del Medio Oriente, dell’Asia.

Da soli e con gli altri, senza paura.

f.guiglia@tiscali.it

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