E’ solo un Diario per le vacanze il Documento con cui l’Euro Summit ha concluso la maratona sulla crisi greca. Di un Accordo formale con il governo di Alexis Tsipras, infatti, non c’è traccia.
Occorre che il governo di Atene riconquisti la fiducia perduta, cominciando con i primi quattro compiti da fare entro il 15 luglio: riforma dell’Iva, pensioni, indipendenza dell’ELSTAT e piena implementazione del Fiscal Compact e misure semi automatiche di taglio alle spese per contenere le deviazioni rispetto agli “ambiziosi obiettivi di avanzo primario”.
Entro il 22 luglio va varata la riforma della procedura civile e recepita la Direttiva Europea BRDD. Solo dopo che le prime quattro misure saranno state adottate, e solo dopo che il Parlamento greco avrà accettato di adottare tutte le altre decine di condizioni indicate nel documento potrà essere presa una decisione sulla riapertura delle trattative per un terzo Piano di aiuti. Un elenco sterminato di impegni è considerato come la base di partenza per poter iniziare le negoziazioni.
Due posizioni sone messe in chiaro: se l’Euro Summit sottolinea che non possono essere intraprese riduzioni sul valore nominale del debito, le autorità greche reiterano il loro impegno a far fronte in modo completo e tempestivo alle loro obbligazioni. Le serie preoccupazioni per la sostenibilità del debito derivano tutte dall’affievolimento delle politiche negli ultimi dodici mesi: anzi, l’Euro Summit ricorda di aver adottato un consistente numero di misure volte a migliorare la sostenibilità del debito greco, allungando scadenze e riducendo costi.
Di sborsare soldi, comunque, non se ne parla affatto. Niente a che vedere con la precedente decisione del 10 maggio del 2010, in cui si dava atto che la Commissione aveva già firmato, su mandato degli Stati membri, un “loan agreement” e che il primo pagamento sarebbe avvenuto il 19 maggio.
Stavolta, nella Dichiarazione dell’Euro Summit ci si limita a “prendere nota” del fatto che un possibile piano di finanziamenti richiede tra 82 ed 86 miliardi di euro, come verificato dalle Istituzioni (ESM, Fmi e Bce), a cui si richiede la possibilità di ridurne l’ammontare complessivo aumentando il contributo fiscale della Grecia ed accelerando le privatizzazioni.
Tutto da rifare anche per quanto riguarda la tranche di 7 miliardi di euro, necessari per regolarizzare i rimborsi al Fmi, che era già prevista dal secondo Piano di aiuti e che poi è stata bloccata in considerazione delle inadempienze del governo greco rispetto al programma concordato, così come dei 5 miliardi necessari per fronteggiare le scadenze di agosto nei confronti della Bce: la Grecia, sottolineando l’urgenza delle questioni, ha sollecitato la firma di un MOU.
L’Euro Summit riconosce l’importanza della tempestività dei rimborsi in questione, ma sottolinea che il rischio che le negoziazioni non si concludano con immediatezza dipende unicamente dalla Grecia.
Inutile soffermarsi, in questo momento, sulla previsione di un Fondo indipendente che dovrà monetizzare asset pubblici ed altri mezzi, con un provento finale stimato in 50 miliardi di euro, e sul sostegno alla ripresa economica greca, per creare occupazione nei prossimi 3-5 anni, attraverso la somministrazione di 35 miliardi a valere sui Fondi della Ue.
La tragedia non è terminata. Il documento sembra scritto per ribaltare ancora una volta le responsabilità storiche di una uscita della Grecia dall’euro. Prima era sempre la Grecia che doveva presentare proposte adeguate, per sbloccare il pagamento dei famosi 7 miliardi. Poi era stato Tsipras a rilanciare la posta dopo il referendum, chiedendo all’ESM e al Fmi un nuovo Piano di aiuti, per 35 miliardi, poi diventati 53 ed ora stimati in oltre 80, offrendo una manovra in due anni non già di 8 miliardi di euro, ma di 11,5 miliardi: spettava alle istituzioni europee accettare o rifiutare la proposta.
Ora con questo Documento l’Euro Summit ha messo in gioco l’intero banco: sono condizioni quasi impossibili da accettare. Comunque la colpa di tutto ciò che è avvenuto viene scaricata sulla Grecia e sul suo ultimo governo. Serve un colpevole della catastrofe, più che una soluzione per evitarla. Nel gioco delle colpe che ci si rinfaccia, nessuno vuole assumersi quella dell’ultimo passo, verso la Grexit: le responsabilità storiche sono immense.
Qualunque mossa si compia, d’ora in avanti, è solo verso il baratro.