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Tutto il giorno, una mossa che scuote

Oggi l’ho pensata tutto il giorno. L’ho pensata fino allo sfinimento. Fino a sentire la testa stridere dentro, come le ossa quando scricchiolano le une sulle altre. E sudavo. Sudavo pensandola, sudavo dei pensieri. E sudavo e sudavo, spasimi e sospiri. Ricordi e nostalgie. Profumi, odori, sudori. Uno stato di tensione, tutto concentrato in un istante. Come la sedia di Sarnari. Una sedia che è donna. La donna inarrivabile di ognuno. Un’idea forse. La donna in un istante preciso, infinitesimo, che passa veloce per lasciarti nell’infinita indeterminatezza del tempo a ricordare. A sudare, sudare e spasimare. A cercare di riprendere quell’istante che fluttua lontano di quella volta che fu. Quello stato di tensione che è tutto lì in quella piega, in quel fotogramma di Sarnari. In quella sedia che è una posa. Una mossa. Che pare una sedia e che, invece, è lei. E’ lei in quell’istante preciso, dentro casa che si muove, che fa quella mossa. No, è lei in quella balera, quella sera, che si scuote. In quel preciso istante, scolpito dal fioretto dentro la memoria. E’ lei, è certo. In un istante, in quell’istante, quello in cui i fianchi immobili hanno l’energia di uno sparo. L’impulso della forza. Un colpo diretto al cuore, come uno stiletto che toglie il respiro, che fa venire il sospiro, che fa spasimare, che secca la gola, che prosciuga ogni urlo, che azzera ogni voce. Come al risveglio improvviso di un sogno in cui si gode, ci si strazia di tutte le bellezze, di tutte le peggiori paure senza riuscire a far arrivare dal sogno alla veglia l’urlo che rimane dentro lo stomaco come un tremendo terremoto. Sordo e muto. La sedia è lei. Sexy, unica e irripetibile. Quella mossa che scuote.



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