Il Premier Shinzo Abe spinge per una rivoluzione del pacifismo giapponese, autorizzando le missioni militari all’estero
Tra le potenze del mondo occidentale e occidentalizzato, sul piano militare il Giappone rappresenta un unicum. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, dall’adozione della nuova Costituzione fortemente ispirata dagli Stati Uniti, il Paese nipponico ha praticato una politica pacifista sul piano delle proprie relazioni internazionali.
Nella giornata di ieri, la Camera bassa del Parlamento ha approvato una riforma del sistema di autodifesa giapponese, in modo tale da permettere alle forze armate di combattere fuori dai confini nazionali. Ciò comporta una vera e propria rivoluzione del sistema di difesa del Sol Levante, sebbene mitigata da alcune clausole specifiche, tra le quali la risposta armata oltre i confini solo come ultimo strumento, nel caso in cui i mezzi diplomatici e affini non abbiano conseguito risultati soddisfacenti e limitando al minimo essenziale l’uso della forza. La proposta, per essere ratificata, dovrà ottenere l’approvazione della Camera Alta, dove la maggioranza di Abe è più marcata.
La protesta delle opposizioni si basa sul principio di incostituzionalità di questo atto, in quanto la Costituzione del 1946, all’articolo 9, sancisce la definitiva rinuncia alla guerra e all’uso della forza nelle dispute internazionali. Di conseguenza, le forze di autodifesa giapponesi hanno il compito di mantenere la sicurezza dei confini, nonostante abbiano partecipato alle campagne militari dell’alleato statunitense in Iraq, ma disarmati e con compiti di tipo logistico.
Questa riforma è da intendersi come la risposta del Giappone alle crescenti minacce che attentano alla sicurezza nazionale. Nel documento programmatico elaborato dal governo Abe, si fa riferimento in particolare alla crescente militarizzazione dei Paesi vicini, ossia Corea del Nord e Cina. Nel primo caso, a preoccupare il Giappone è la minaccia nucleare, date le azioni provocatorie e le minacce verso l’alleato statunitense riguardanti l’utilizzo di testate missilistiche e i tentativi di creazione di un arsenale in tal senso. La Cina, invece, resta la potenza regionale con la quale confrontarsi in via principale. Il Giappone ha come obiettivo la creazione di uno spazio marittimo “open and stable”, capace di garantire la sicurezza dei commerci e la difesa del territorio. La Cina, tuttavia, nel 2013 ha preso la decisione unilaterale di creare una Air Defense Identification Zone (ADIZ). Inoltre, sebbene nel 2013 si siano incontrati il Presidente cinese Xi Jinping e Shinzo Abe per discutere del “meccanismo di comunicazione marittima”, la tensione è andata crescendo a causa delle rivendicazioni cinesi sulle isole Senkaku, attualmente disabitate ma sotto l’egida giapponese. Le manovre marittime delle navi cinesi nei pressi dell’arcipelago impensieriscono molto il governo di Tokyo. Infine, la spesa militare di Pechino aumenta ogni anno in maniera esponenziale, sia sul piano degli investimenti che sul piano delle iniziative strategiche per affermarsi nell’area, aumentando del 170% tra il 2003 e il 2013.
Nel quadro delle potenze regionali, il piano programmatico relativo alla sicurezza del Giappone si propone di instaurare relazioni diplomatiche più strette con le altre potenze emergenti quali l’India – date le crescenti spese militari – e mantenere quelle già esistenti con gli altri attori dell’area, quali Russia, Corea del Sud e Australia. Sul piano globale, invece, il governo Abe vuole passare da un atteggiamento pacifista “passivo” ad un atteggiamento “proattivo” per la costruzione di un’area sicura per i commerci, basata sui principi di libertà e rispetto dei diritti fondamentali, mantenendo il ruolo di perno della politica statunitense nell’area, ossia il principale alleato. In maniera contigua, la politica estera giapponese non intende discostarsi dalla visione delle relazioni internazionali basata sul ruolo centrale dell’ONU.
La riforma in via di approvazione da parte del Parlamento giapponese, è un atto facente parte di una strategia di lungo periodo che il Governo sta cercando di adottare. Infatti, sono tre anni che le spese militari del Giappone aumentano significativamente (+ 2,8% quest’anno), in particolare destinate alla fornitura di aerei, droni e mezzi di ricognizione. Inoltre, da tempo si parla della creazione di un sistema missilistico di difesa da realizzare in collaborazione con gli Stati Uniti.
La corsa agli armamenti in quest’area geografica, di recente tornata in cima alle attenzioni del governo U.S.A. , non rappresenta altro che la crescente tensione dovuta alle tendenze egemoniche degli attori regionali. Il tutto tenendo ben presente le nuove minacce globali, ossia il terrorismo internazionale e la cyberwar, elementi di forte preoccupazione per la potenza del Sol Levante.