Skip to main content

E pensare che si dicono ancora democratici

Comunque l’arroganza e l’ignoranza dell’attuale spezzatino PD sta portando il nostro belpaese “che fu” all’emarginazione europea e all’accelerazione del drammatico declino economico e sociale italiano. Lo vediamo tutti i giorni. E pensare che si dicono democratici. Esistono solo loro che si sono comprati i giornali, le banche e bramosamente si stanno sbranando tra di loro.

Nelle Regioni a cominciare dalla “buttana Sicilia” che sarà comunque èl a dimostrazione del fallimento delle Regioni Autonome spendaccione e traviate, su per la Campania, Puglia, Lazio e su su verso la mitica Emilia Romagna (ancora e meno male in salute nonostante gli scandali e i rinvii a giudizio di suoi amministratori cooperanti e no) fino ad arrivare a Bologna dove un sindaco scelto da loro che si è dimostrato comunque un discreto amministratore (pur tra gli sbagli), le correnti assatanate renziane, cuperliane, civatiane ecc ecc ecc (senza parlare dei sellini integralisti arruffa arruffa) stanno cercando (e mi auguro che falliscano!) di costringere il Sindaco Merola a ritirarsi sventolando varie bandiere con faccine di volta in volta nuove di candidature sempre fedelissime rosse che tingono e che hanno già i loro magnanimi lombi ben impostati su scranni di platino. Merola non merita questo trattamento bestiale e va aiutato a fare il secondo mandato. Non si prestino al gioco del massacro il Rettore Dionigi, la Vice Presidente della Regione Gualmini bulimicamente aspirante renziana twittiana, la furbetta sindaco di una piccola cittadina dell’interland bolognese San Lazzaro Conti e via andare.

Il problema vero è che questi pidiessini che se la fanno e se la cantano e che sbattono in un frullatore l’attuale sindaco Merola che accusano (e mai direttamente ma subdolamente codardamente e attaccandolo anche sul piano personale) di aver mal amministrato la turrita città, ad un anno dalle elezioni non solo non hanno un programma di sviluppo per Bologna ma pensano di essere i padroni incontrastati mentre di amministrar la cosa pubblica in tanti abbiamo idee forti e chiare e tutt’altro che essere ancillarmente rassegnati.

Così succede a Bologna dove sarà nei fatti nuovi assetti di governance e di nuove alleanze inclusive e sussidiarie di un nuovo sistema amministrativo e politico essendo la maggior parte dei bolognesi consapevoli della ricchezza culturale ed economica della petroniana che non si può lasciare in balia di una coalizione rossa e gialla confusa e arraffona, che non ha ancora capito di essere arrivata al palo.

Sbagli arroganze e predatorie vanità che ritroviamo a Milano a Roma sempre tra di loro come una lobby massonica spietata e tutta blindata dentro ai loro scambi alla faccia delle città invase dal malaffare che sono il cuore pulsante di questa nostra Italia che agonizza.

E’ tempo per cambiare ce lo hanno detto le urne e subito senza aspettare: il decoro politico di un Paese sicuramente non è rappresentato da questo governo che impicca i dissidenti con dirigenti prepotenti ed esaspera i cittadini. Il giovane toscano improvvisamente invecchiato nella sua arroganza non si consiglia con nessuno e neanche riceve i suoi ministri. Fa di testa sua, mentre dovrebbe prendere idee, confrontandosi con gli opinion makers italiani e stranieri e costruire una vera e diversa maggioranza di governo.

Gli altri pidiessini della congregazione pensano che imitandolo con la supponenza conquistino il potere. Illusi e sciocchi. Salvare l’Italia non è impresa da fare in solitaria. A parte i nostri problemi, la crisi s’iscrive nell’irreversibile slittamento della forza economica da Occidente a Oriente. Basta guardarsi attorno: è un mare di made in Cina se pur in crisi. Poi, c’è l’egoismo evidente della Germania. Paese esportatore, ha un enorme surplus della bilancia dei pagamenti, ma frena sugli investimenti interni contribuendo alla depressione europea. E della sua stessa economia che, con un Pil allo 0,5, è al limite della deflazione. La crisi della Grecia ci ha ben chiarito a che punto siamo.

Dobbiamo muoverci. Tre mosse e subito. Profonda riforma della Pa per ridurre la spesa corrente. A cominciare dalle Regioni che sono il disastro della spesa pubblica. I risparmi -almeno 40 miliardi- serviranno a una riduzione equivalente delle tasse su famiglie e imprese. Di seguito, un programma di privatizzazioni per diminuire il debito pubblico. Terzo, e dipende dall’Ue, un grande piano di investimenti con emissione di Eurobond per almeno cinquecento miliardi e qui ci dobbiamo far sentire e soprattutto saper contare.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter