“Non è il momento di esercitarsi su retroscena, ma è il momento di mostrare il volto di un Paese unito, qual è l’Italia, che conosce bene il terreno e ha fiducia nelle forze di sicurezza, della diplomazia e dell’intelligence impegnate per riportare a casa i quattro connazionali rapiti in Libia”. Con queste parole il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha concluso oggi l’incontro con la stampa assieme a Bernardino Leòn, inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia.
Gentiloni ha ricordato che da 11 mesi sono in corso negoziati politici ad opera delle Nazioni Unite per cercare di dare alla Libia un governo di unità nazionale. Il primo e parziale accordo firmato il 12 luglio scorso è un segnale positivo per il percorso diplomatico intrapreso – ha detto il titolare della Farnesina – ma è necessario includere nell’accordo anche il General National Congress (Gnc) di Tripoli che, come si legge in un articolo di International Crisis Group, si è tirato indietro a causa di una mancata identificazione del ruolo politico che il Gnc avrebbe all’interno del governo di unità nazionale.
Bernardino Leòn ha richiamato l’attenzione verso un maggiore realismo e ha affermato: “Ci sono tre elementi cruciali per la buona riuscita del negoziato: innanzitutto l’unità governativa, il tema della sicurezza e infine la ricerca di un accordo completo e inclusivo di tutte le parti libiche coinvolte nella vita del Paese”.
“Il Gnc non si è opposto in modo forte all’accordo”, ha proseguito Bernardino Leòn “e un suo coinvolgimento non è impossibile. Stabilizzare la Libia è importante per evitare che il terrorismo possa costituire una minaccia per il resto della regione. È nostro dovere anche far sì che il territorio non sia nelle mani di trafficanti di essere umani. Altro aspetto cruciale è rappresentato dalla gestione della crisi umanitaria che affligge numerose persone in Libia”.
“Il ruolo dell’Italia – ha aggiunto Gentiloni – è, insieme a diversi Paesi europei e africani, di fondamentale importanza per fornire un contributo alla fase che si aprirà dopo la nascita di un accordo definitivo e di un governo di unità nazionale. Rendere sicura la Libia dopo il lavoro di Bernardino Leòn non significa immaginare spedizioni di uomini ma fare un lavoro sofisticato e preciso di training, monitoraggio e sorveglianza che le nostre forze armate stanno portando avanti con gli alleati e che dipenderà fortemente dalla volontà libica del nuovo governo”.