Io sono un bravo ragazzo ma questo maledetto caldo mi sta facendo letteralmente impazzire. Si da il caso che nell’attività professionale nonché nelle relazioni private che trattengo in via amicale, più o meno approfonditamente, io sia circondato da un considerevole numero di borghesi di impostazione progressista. I progressisti, come del resto i moderati in Italia, sono quegli schieramenti senza patria, senza identità e senza sangue nelle vene pure. Loro sono, anche, un poco furbi. Furbizia tutta italiana, s’intende. Si tratta di quelli che, per dire, esigono le regole e poi, però, se devono andare all’Ospedale un CUP non sanno manco cos’é. Trovano sempre l’entratura. Si fanno fare i raggi di straforo, la visita d’imbucata. E via così. Si tratta di personaggetti che, quanto a business, preferiscono Milano perché – vuoi mettere Milano con da Roma in giù dove non si fa nulla? – Eccerto, ovvio. Solo che quando hanno dovuto prendere l’abilitazione di dottore commercialista, per dire, se ne sono andati a Messina ché, appunto, è la colonia lombarda che permette al sistema dei progressisti di perpetuarsi. La Sicilia amministra male i suoi soldi della sanità. Certo, ma lo scandalo più grande non è come amministra i soldi, ché tanto quello è uno sport nazionale non solo siculo, è il fatto che i Siciliani progressisti se ne vanno tutti a Milano a farsi curare.
Questi sedicenti passano il tempo a misurare con grande accuratezza la dimensione del diametro della loro palla o, nel caso ne siano sprovvisti, quello della palla a loro più prossima, senza accorgersi dei loro anacoluti.
Forti della loro perfetta capacità metrologica, illudono se stessi della isoentropicità del sistema complessivo. Quando vanno o tornano al Sud, a loro, ci piace assai spendere. Ci piace comprare le cose dieci volte il prezzo. Hanno figli adottati a distanza. Una coscienza che è linda e strofinata come la filazza sempre socchiusa di Lolita. Sono un poco come i valdostani che fanno pipì a Pavone ma scaricano l’acqua a Pont Saint Martin.
Claudia, ad esempio, mi dice che dovrei essere fiero di avere problemi di cassa con la società perché è in continua crescita. Lo dice lei che, quanto a risoluzione minima della sua spesa, più che l’Euro usa il mille Euro. Lo dice lei seduta sui suoi piccioli che la nostra burocrazia infernale quanto a imposte moltiplica grazie al ginepraio di leggi e leggine fatte a sposta per i mariuoli legalizzati, mentre io con il tricolore stampato sulla schiena vado a vendere un poco di intelligenza che abbiamo ancora come tradizione in ogni angolo del mondo conosciuto – i tecnici della Nasa mi scuseranno se ancora non tengo da conto la nuova terra -.
Liliana, poi, dice che sono ultraconservatore, maschilista e che sto sempre a brontolare in particolare rispetto la moda imperante dei gelatai e dei masterchef. Tutti bio, artigianali e così via. Ora ditemi se sta camurria dei gelati artigianali, da Grom in giù o in su, non ha veramente fatto scendere il latte fin sotto la caviglia.
Ad ogni modo, il sottoscritto ultraconservatore tiene famiglia e non si è maritato. In quanto non progressista ha assunto il 66% della forza lavoro con età inferiore ai 35 anni e di sesso femminile. Peraltro senza utilizzare lo stile tipico dei progressisti che alle donne bedde e fertili gli fa firmare le dimissioni in bianco, non si sa mai gli dovesse venire voglia di rimanere incinte.
Facendo torto a Franco Sarnari, maestro pittore del gruppo di Scicli, dedico una delle cancellazioni del maestro alla cancellazione dal mio sistema di riferimento di questi sedicenti.
Le travuzze dei progressisti
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