Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Maicol Mercuriali apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi
L’energia russa, le risorse naturali africane e uno sbocco commerciale in Europa. Si potrebbe sintetizzare così la strategia cinese. E lo sbocco commerciale individuato da Pechino è il porto di Atene, il Pireo, su cui dal 2009 si concentrano gli investimenti del Dragone. Parliamo di una cifra che oscilla tra i tre e i quattro miliardi di euro ma, come detto, oltre ai capitali investiti, c’è in ballo una strategia di sviluppo dell’export del Paese e anche una bella fetta di credibilità politica.
Ecco perché la Cina fa il tifo per una Grecia che resti nell’Unione Europea. La penisola ellenica è il cuore della strategia del presidente Xi Jinping, che ha già accarezzato il sogno di riaprire una via della seta moderna, un canale commerciale diretto per far arrivare le merci cinesi sui mercati europei. Perché la strategia cinese possa andare a buon fine, Pechino ha tutto l’interesse che la Grecia resti saldamente ancorata all’Ue. Il solo ipotizzare un ritorno alla Dracma sarebbe una iattura per la Cina, che negli ultimi sei anni (mentre Atene stava attraversando una delle crisi più dure della sua storia) ha continuato ad immettere capitali nell’economia greca e a progettare grandi investimenti. Oltre al porto del Pireo, al Dragone sarebbe piaciuto mettere le mani sugli aeroporti ellenici e soprattutto sulle ferrovie. È attraverso il colosso logistico Cosco (China Ocean Shipping Company) che Pechino ha preso in gestione due terminal del Pireo per 35 anni: nel 2008 i container in transito dal porto di Atene sono stati circa 433mila, nel 2013 sono schizzati a quota 3,16 milioni, l’80 per cento proprio grazie a Cosco.
Pechino si sarebbe lanciata in uno shopping sfrenato se solo Tsipras non avesse rallentato le privatizzazioni, ponendo un freno alle ambizioni cinesi ma anche ai conseguenti benefii per la Grecia. Le mosse di Syriza non sono piaciute al Partito Comunista Cinese, tanto che la stampa ufficiale aveva denunciato gli «imprevisti dei sistemi democratici» con la salita al potere della sinistra radicale ad Atene. «Senza un robusto sistema per garantire la stabilità politica, il management amministrativo di questi Paesi è facilmente minacciato dai cambiamenti della leadership» aveva scritto il quotidiano ufficiale, il Global Times. Lo stesso giornale ieri ha dedicato un editoriale alla questione greca. «Molti si chiedono se la Cina offrirà assistenza alla Grecia», viene riportato nell’organo ufficiale del Partito Comunista. «Questa curiosità è comprensibile, visto che la Cina ha abbondanti riserve di valuta estera e la Grecia è un paese chiave per la Cina. La Cina è disposta ad aiutare la Grecia. Tuttavia, la Cina spera che i suoi sforzi per risollevare la Grecia possano essere utili per un grande progetto costruttivo», rimarca il quotidiano del governo cinese.
Il premier cinese Li Keqiang ha detto che spera di vedere la Grecia rimanere nella zona euro. «La Cina è probabilmente uno dei Paesi, al di fuori dell’Ue, che spera sinceramente che l’Europa prospererà», prosegue l’editoriale. «Un’Ue più forte servirà soprattutto per contrastare gli Stati Uniti, mentre la Cina non subirà perdite».
Cosa farà a questo punto la Cina? Il Dragone è uno dei principali detentori del debito europeo e anche uno dei maggiori investitori nel Vecchio Continente. I suoi investimenti nell’Ue sono balzati dai 2 miliardi di dollari del 2010 ai 18 miliardi del 2014. Pechino ha rallentato la propria crescita e sta facendo i conti con la volatilità delle Borse cinesi: ecco perché ha molto da perdere rispetto a un’eventuale Grexit. La Cina si trova davanti a un bivio: con le sue riserve potrebbe soccorrere la Grecia e assumere un ruolo costruttivo con l’Europa; oppure potrebbe restare immobile, confidando nelle opportunità che si celano nel possibile default greco, vale a dire investimenti a prezzo di saldo per le proprie aziende.