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I soldi non sono la soluzione per il Sud

Mezzogiorno

I dati dello Svimez sul Sud che, oltre a non crescere, non figlia, non arrivano certo fino all’Estremo Oriente dove si trova il premier. Tuttavia il governo, per tramite del responsabile allo Sviluppo Guidi, dice: pronti 70 – 80 miliardi per il Sud. Per il rilancio delle infrastrutture.

Ma come, il Sud ha tutti gli indicatori economici in rosso che sembrano ves e transaminasi di un malato di cirrosi, e la soluzione del governo – anche di questo – è “soldi”? È evidente che a Roma non hanno capito nulla del Sud. È che anche per questo esecutivo, il mezzogiorno, lontano dall elezioni, non vale il tempo di una riunione.

I problemi del Sud, certo passano per le infrastrutture, che non ci sono mai state. Che, quando le hanno fatte, sono state solo occasione di sperpero di danari a favore del malaffare. Prendete la Catania-Gela per dire. Oggi arriva, ancora, fino a Rosolini, diciamo metà strada, ed è già vecchia. Tutto un rattoppo. Ci sono degli avvallamenti improvvisi che, se non fosse che la percorrono solo gli autoctoni, visto che di turisti se ne vedono pochi, ci sarebbe un incidente al giorno. Le due gallerie, nuovissime, che da Catania portano a Siracusa, che fino a qualche mese fa erano un gioiello di luci e segnaletica che pareva di essere finiti in Svizzera, sono già tutte spente e dimesse. Come un Luna Park abbandonato. Ecco. Che possono dunque i soldi? Nulla. Cortisone che non cura la malattia, sono. Gonfiano il malato e basta.

Non si cambia così la musica. Non basta un direttore d’orchestra, e non sono sufficienti i piccioli. Anche perché i fondi – quelli famigerati europei – per la Sicilia e il Mezzogiorno non sono mai mancati. Il fatto è che le amministrazioni e tutto quel connettivo tra le amministrazioni e il cosiddetto “libero mercato” che sono i professionisti (ingegneri, commercialisti, ecc.) non sono stati capaci fino ad oggi di scrivere una domanda di finanziamento che a Bruxelles il più scarso dei funzionari della tecnocrazia abbia giudicato passabile. E così, i fondi pronti e disponibili se ne sono tornati a Bruxelles con tanto di scorno delle Banche che li avrebbero potuti gestire. Ecco.

Ci vuole meno Stato e più testa, allora. E testa autoctona ci vuole. Perché ci va un po’ di idealismo, bisogna trattare il Sud come il proprio figliolo un po’ in difficoltà, con l’amore e la pazienza infinita di una madre. Le ricette non bastano. Pensate solo a Oscar Giannino, grandissimo dalla radio a spiegare il “cosa” il “come”. Tutte le ricette liberali e sviluppiste possibili. Ma ve lo ricordate come si presentó in Sicilia al tempo delle elezioni? Con un manifesto in cui aveva la coppola in testa e le tappe del suo tour a forma di fori di proiettile. Noi del Sud ci dovremmo far spiegare come tirarci fuori da luminari così?

Occorre progettualità. I soldi che il governo vorrebbe stanziare per le “infrastrutture” dovrebbero invece essere utilizzate come strumento di garanzia per i Comuni con problemi di bancabilità. Oggi il problema infatti è che semmai un progetto fosse cantierabile, approvabile dalla UE, molti Comuni che potrebbero avvantaggiarsene non sono quasi mai “bancabili”. In Sicilia non c’e’ come a Torino, comune indebitato più di tutta la Sicilia messa insieme, la stampella di Intesa San Paolo.

Un progetto per riqualificare il Politeama di Palermo, per mano di un certo numero di Siciliani del Nord fu fatto e regalato al Comune di Palermo. Salamalecchi a parte, tutto si è bloccato. Problemi di bancabilità, invidie. Uno dei tanti mali del Sud. -Se una cosa interessa a tia devi sapere che interssa anche a mia-. Tutto purché prevalga l’incuria civica. Come l’ultima cosa, in ordine di tempo, quella di buttare le vacche morte in mare.

Cari meridionali, leggetevi “Annibale” di Rumiz. E col genio di Siracusa andiamoci a prendere il futuro.



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