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Chi sono i coreani di Nps che puntano sulle infrastrutture italiane con F2i

A fine luglio ha chiuso a 1,25 miliardi la raccolta del secondo veicolo d’investimento dedicato alle infrastrutture. E con questa operazione il fondo F2i ha visto entrare come investitore con 120 milioni, e anche come azionista nella società di gestione, il fondo pensione coreano Nps (National Pension Fund). Un colosso asiatico accanto a sponsor storici come Cdp e le grandi banche. La ragione è che Nps intende investire anche direttamente nei progetti di F2i, come ha spiegato il ceo Renato Ravanelli al Corriere.

NPS AI RAGGI X

Ma chi sono i coreani attratti dall’Italia? Intanto Nps è alla fine di un percorso di cambiamento testimoniato fisicamente dalla nuova sede del suo quartier generale, fissata lo scorso giugno a Joenju, la capitale della provincia Sud-coreana della Nord Jeolia, “una città dove la storia e la tradizione sono ben preservate e dove Nps affonda di nuovo le proprie radici”. Il proclama appare in bella vista nella homepage del sito ufficiale del fondo.

I NUMERI DEL FONDO

Fondo la cui storia inizia nel 1987 “per offrire ai cittadini coreani garanzia di reddito e promuovere il welfare fornendo benefit pensionistici in tarda età oppure in caso di disabilità o morte – come riferisce il sito di F2i – I servizi sono forniti attraverso la propria rete estesa su scala nazionale che include 102 uffici regionali, 52 centri di servizio, 5 call center ed una sede centrale”.

CHI PILOTA GLI INVESTIMENTI

Nps è oggi uno dei quattro principali fondi pensionistici al mondo, con 20 milioni di membri e 3,4 milioni di beneficiari di pensione oltre ad asset per un valore di 446 trilioni di Won coreani (circa 350 miliardi di euro). Ma aspira a diventare “l’istituzione pensionistica migliore del mondo e a lavorare sodo per assicurare felicità e prosperità” ai propri soci, così scrive il ceo Choi Kwang nel messaggio di saluto all’insediamento.

IL CURRICULUM E LE STRATEGIE

Come intende fare? “Promuovendo lo sviluppo dei piani pensionistici attraverso cambiamento e innovazione – continua Kwang – Faremo del nostro meglio perché assicurarci che l’albero piantato nel 1988 continui a crescere solido e a portare frutti abbondanti”. E Kwang è l’uomo di questo cambiamento. Diventato ceo e presidente di Nps a maggio del 2013 è colui che ha impresso l’accelerazione alla svolta internazionale appena intrapresa dal fondo. Una scelta molto coerente con la sua formazione: Kwang, classe ’47 si è laureato a 23 anni in Business Administration all’Università Nazionale di Seoul e poi ha proseguito gli studi in Usa, specializzandosi in Public policy all’Università del Wisconsin e in Economia nel Maryland. La sua carriera di professore di economia è iniziata nel 1979 all’Università Usa del Wyoming e il nostro ha insegnato ancora fino al 2013 all’Università coreana per stranieri di Hankuk. Nel 1997-98 è stato ministro della salute e del Welfare.

LA SVOLTA INTERNAZIONALE

La svolta internazionale del fondo pensione coreano ha avuto inizio a fine 2012 quando già era uno “dei player più attivi nel mercato delle infrastrutture e delle proprietà immobiliari, investimenti che gli hanno reso un ritorno dell’11% all’anno”, così scriveva Repubblica.
La ricerca di occasioni redditizie in giro per il mondo è funzionale alla difficile missione di un soggetto come Nps, quella di “garantire le pensioni a un Paese con un’attesa di vita media molto alta e un tasso di nascite molto basso (1,19 bambini per donna)”.

LE MOSSE DEL PASSATO

Negli anni passati, Nps ha “comprato per esempio il 12% dell’aeroporto di Gatwick a Londra, l’Hsbc Canary Wharf (sempre a Londra), il Sony Centre di Berlino, un mall a Parigi e un immobile per uffici a Sidney. Il Nps ha inoltre rilevato per 1 miliardo di dollari dal colosso petrolifero Chevron il 23,44% di Colonial Pipeline, la più grande pipeline del Nord America per prodotti già raffinati”. L’obiettivo dichiarato è far salire la quota di azioni estere dal 5,7% al 10% entro il 2017 e di raddoppiare i bond stranieri. “Complessivamente l’esposizione verso asset esteri dovrebbe salire, nei piani del fondo, al 20% entro il 2015 dal 13% fatto segnare alla fine del 2010”, scrive ancora Repubblica. L’Italia è solo un piccolo pezzo di un puzzle mondiale.


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