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Che succede a Apple?

La notizia era così ghiotta che è rimbalzata su tutti i media – tanto che Apple si è affrettata a spedire a tutti la smentita: i rumors riportati da Business Insider secondo cui la Mela sta trattando con le telco europee per diventare un Mvno non sono fondati. Eppure da anni nell’industria telecom si parla dei progetti di Apple per diventare un operatore di rete mobile virtuale e tutti sono convinti che prima o poi accadrà; solo che la Mela ha legami troppo stretti con le aziende telecom per pensare di bypassarle e il suo titolo è già sotto pressione in Borsa per scuoterlo con notizie ancora premature.

UN “SEGRETO DI PULCINELLA”

Business Insider ha scritto, sulla base di fonti vicine ad Apple, che l’azienda sta privatamente testando un servizio Mvno negli Usa e contemporaneamente incontrando le aziende telecom in Europa per discutere un possibile lancio di un servizio Mvno nel Vecchio Continente.

L’Mvno targato Apple funzionerebbe come gli altri operatori di rete virtuali: la casa della Mela affitterebbe la rete dalle aziende telecom e venderebbe i suoi servizi ai clienti direttamente. Questi pagherebbero dunque la loro bolletta telefonica ad Apple e Apple offrirebbe le stesse funzionalità garantite da un operatore mobile (chiamate, messaggi, traffico Internet e dati) ma la Sim Apple è capace di passare da un carrier all’altro per assicurare al cliente sempre il servizio e la copertura migliori.

Sono anni che Apple tratta con le aziende telecom sui suoi progetti di creare un servizio Mvno. Fra gli operatori telefonici viene considerato un “segreto di Pulcinella”: l’operatore mobile virtuale di Apple è in cantiere – tutti lo sanno – ma non dietro l’angolo. E’ un progetto di lungo periodo, potrebbe essere lanciato tra cinque anni o più. Secondo Business Insider, però, Apple ha già compiuto un passo in avanti per realizzare il piano Mvno: sta infatti testando un servizio chiamato iCloud Voicemail che automaticamente trascrive i messaggi della segreteria telefonica usando Siri. E’ probabile che Apple voglia perfezionare il servizio di voicemail prima di diventare Mvno perché in questo modo i messaggi vocali sono conservati sul cloud di Apple e non, come accade ora, dal carrier, col quale il cliente Apple deve arrivare a non avere più alcun rapporto se Apple vuole fare l’operatore mobile, benché virtuale.

IL RAPPORTO CON LE TELCO

“Controllare tutto, dall’hardware al software: è uno dei principi cui Apple non ha mai voluto rinunciare. E’ vero per i Mac, è vero per l’iPod. Il dogma, attribuibile alla visione di Steve Jobs, nel caso di iPhone e iPad è diventato parte integrante della narrativa pubblicitaria di Cupertino”, scrive Andrea Nepori su La Stampa. “Quando il vostro iPhone invia un sms, scarica una pagina web o effettua una chiamata, però, lo fa ancora attraverso la rete di un operatore esterno, un soggetto terzo su cui Apple non esercita alcun controllo. A Cupertino lo sanno bene e stanno lavorando per riuscire ad integrare anche quest’ultima area grigia”.

“Apple corteggia da anni l’idea di diventare Mvno”, conferma Dan Bieler, analista di Forrester. “In fin dei conti, si tratta di una lotta per il potere con le aziende telecom”. Il cruccio di molti utenti mobili è di essere legati alla rete del loro carrier, e quando questa è poco affidabile, addio segnale e servizi sullo smartphone. E’ comprensibile che la Mela desideri, in futuro, non affidare più la tanto preziosa iPhone experience agli operatori.

Per ora tuttavia Apple si preoccupa di mantenere i suoi buoni rapporti con le telco. “Non abbiamo trattative in corso né piani per diventare un Mvno”, ha risposto la Mela alle indiscrezioni di Business Insider smentendo le trattative con gli operatori europei e specificando che non è intenzionata a vendere servizi di Tlc direttamente ai consumatori bypassando le telco.

Del resto, da quando ha lanciato il primo iPhone nel 2007, Apple ha legato parte del suo successo proprio alle telco, che comprano grandi quantià di iPhone e le rivendono ai clienti insieme ai contratti telefonici. E la Sim card Apple lanciata l’anno scorso permette agli utenti di passare dalla rete di un operatore a quella di un altro, ma solo sugli iPad e non sugli iPhone.

LO SCIVOLONE IN BORSA

Mentre i media parlavano di Apple come Mvno, le azioni della Mela scendevano fino al 4,4% nei primi 90 minuti di scambi sul Nasdaq; dopo la smentita la perdita è stata contenuta a -3,1%. Ma non sono veramente i progetti per fare l’operatore mobile a innervosire la Borsa. Ieri Wall Street ha chiuso la giornata in perdita (gli investitori si preoccupano che la Fed alzi i tassi di interesse anche se l’agenzia ha detto che prima deve vedere i segnali di una ripresa economica robusta) e il titolo Apple è stato il più debole, ma le azioni di Apple hanno cominciato a perdere punti già dopo la presenzione della trimestrale il 21 luglio. Apple adesso vale il 14% in meno rispetto ad aprile (quando aveva raggiunto il valore più alto di sempre).

Lo scetticismo sulla Mela è innanzitutto legato al rallentamento della domanda di iPhone – nell’ultimo trimestre le vendite di smartphone di Apple sono state inferiori alle attese di mercato, benché gli utili siano sempre alle stelle (alcuni analisti stimano che Apple guadagni da sola il 90%, se non di più, dei profitti della sua intera industria). Preoccupa anche il rallentamento in Cina: Apple ha vissuto un vero boom sul mercato cinese negli ultimi sei mesi, ma i ritmi delle vendite non sono brillanti come in passato mentre le rivali locali si rafforzano.

I SEGNI MENO CHE PREOCCUPANO

Il primo punto debole di Apple è proprio la dipendenza dagli iPhone mentre il mercato mondiale degli smartphone rallenta (le vendite sono ai minimi da sei anni a questa parte, secondo Strategy Analytics). Usa, Europa e Cina sono vicini alla saturazione e rivitalizzare le vendite richiederà “trasformazioni sul design” combinate a nuovi tipi di schermi.

Anche Colin Gillis, analista di BGC Partners, osserva che gli investori si chiedono se le vendite di smartphone stiano cominciando a raggiungere il picco, oltre il quale lo spazio per crescere diminuisce e i cicli di sostituzione dei device si allungano. “Apple può trovare nuovi mercati per continuare a crescere? Forse no. Può aumentare il suo prezzo medio di vendita? Forse no. Dipende troppo dall’iPhone? Sì. Non può crescere più di un tot”, dice Gillis.

Gli iPhone venduti nell’ultimo trimestre sono stati 47,53 milioni, con un +35% rispetto a 12 mesi prima, ma al di sotto delle previsioni, che parlavano di 49,4 milioni di unità. Gli iPhone restano la principale fonte di ricavi; hanno generato 31,368 miliardi, con un +59% rispetto a un anno prima, ma in calo del 22% sul trimestre precedente. Le Americhe restano il mercato numero uno con un fatturato da 20,2 miliardi di dollari, il 15% in più in un anno ma il 5% in meno in tre mesi. La regione Cina, Hong Kong e Taiwan è la seconda più redditizia con vendite pari a 13,230 miliardi (+112% in un anno ma -21% in tre mesi). In Europa il fatturato è cresciuto in un anno del 19% a 10,342 miliardi ma è sceso su base trimestrale del 15%. In Giappone il giro d’affari ha toccato i 2,872 miliardi (+9% annuo e -17% trimestrale). Nel resto dell’Asia-Pacifico le vendite sono state pari a 2,952 miliardi (+26% annuo, -30% trimestrale). Troppi segni meno, insomma, per non lasciare delusa Wall Street.

Gli investitori vorrebbero che Apple sviluppasse nuovi prodotti per alimentare l’espansione di fatturato e utili nel futuro. L’iPhone non può essere per sempre la gallina dalle uova d’oro di Cupertino, mentre non è chiaro quale potrà essere il peso dell’Apple Watch o del progetto iCar.

“Apple è costretta a innovare in continuazione”, nota Mark DeVaul, co-manager di Hennessy Equity and Income Fund.

Secondo Gillis Apple dovrebbe usare più soldi per investire in ricerca e sviluppo anziché per ricomprare azioni e far felici gli hedge funds e “investitori come Carl Icahn”: “Deve sviluppare nuovi prodotti”.

LE TIGRI CINESI

Secondo i dati di Strategy Analytics sulle vendite mondiali di smartphone (relativi al secondo trimestre 2015), la cinese Huawei è diventato il terzo maggior produttore con un market share del 7%, dietro Apple (10,9% dello share globale) e Samsung (20,5%). Per ora a perdere quote rispetto a un anno prima sono solo Samsung e Microsoft (che è stata scalzata al quarto posto), mentre sono cresciute sia Apple che Huawei che un’altra cinese, Xiaomi, quinta con il 4,6% del mercato.

in Cina, la società di ricerche Canalys calcola che Xiaomi è nel secondo trimestre la numero uno sul segmento smartphone, con uno share del 15,9%, in un serrato testa a testa con Huawei (15,7%), mentre Apple è terza. In pratica, in Cina uno smartphone ogni tre che viene venduto è targato Xiaomi o Huawei e questo dà da pensare agli investitori di Apple, tanto più che il mercato cinese è definito da Canalys “stagnante” e la competizione si fa sempre più intensa.

In modo ironico, la Cina ha garantito il successo di Apple nei primi sei mesi dell’anno (e ancora nell’ultimo trimestre ha rappresentato più del 25% delle sue vendite totali) ma sembra ora metterne a nudo il tallone d’Achille: se comincia a perdere quote in Cina, e i mercati occidentali sono saturi, dove troverà Apple una nuova regione di vaste dimensioni per vendere i suoi costosi device?

NELLA ZONA TRA TORO E ORSO

“Il titolo è legato a come vanno le cose in Cina ed è possibile che scenda ancora”, scrive Jim Cramer, portfolio manager di TheStreet. “Ma è ancora un titolo da comprare perché i fattori positivi superano di molto le debolezze”, aggiunge. “Non dimentichiamo la crescita sensazionale degli utili e il fatto che le azioni, guardando alle prestazioni di lungo periodo, sono sempre andate meglio dell’indice S&P 500”.

Apple infatti è cresciuta del 25% negli ultimi 12 mesi contro il +11% dell’S&P del settore tecnologico (anche se finora quest’anno ha guadagnato solo il 3,9% contro il +26% di Google e il +21% di Facebook).

Gli analisti di Evercore ISI osservano che Apple si sta muovendo in una “zona tra toro e orso”: dopo il record di 133 dollari di aprile, le azioni sono scese a circa 115 dollari e ora si trovano in quel territorio grigio che fa sì che se il prezzo resta “basso” per più giorni tenderà a scendere ancora (un trend simile si è già registrato a fine 2012).

Ma si tratterebbe di un aggiustamento momentaneo: il rating medio dato dagli analisti è “outperform” e il target di prezzo di qui a 18 mesi sfiora i 149 dollari, contro i 114 circa attuali. Vendite di iPhone e Cina permettendo.

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