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Tutti gli effetti del superdollaro per la Big corporate Usa

dollaro

Il super-dollaro? Senza dubbio è la bestia nera della Big corporate America. Lo giura il Financial Times, secondo una cui dettagliata analisi “il ripido balzo nel dollaro americano può erodere una fetta circa 100 miliardi di dollari dell’utile 2015 di alcune delle maggiori multinazionali americane, una cifra più elevata di quella che rappresenta i fatturati combinati di Nike, McDonald’s e Goldman Sachs”.

VENDITE IN CALO DI 31 MILIARDI E LA CORSA DEL DOLLARO NON SI FERMA
La proiezione si basa sull’osservazione dei conti già pubblicati: nella prima metà del 2015, “dieci delle maggiori multinazionali Usa hanno visto le vendite ridursi in totale di 31 miliardi – tra queste figurano blue chip come Apple, General Motors, IBM, Johnson & Johnson, Amazon e General Electric — e c’è preoccupazione crescente nel mercato per l’intenzione della Fed di alzare i tassi di interesse al fine si sostenere ancora di più il biglietto verde”.

COLPA DEL DECOUPLING
E d’altro canto tutto questo avviene mentre in Europa la Bce e in Giappone la BoJ fanno di tutto per deprezzare le rispettive valute con politiche super-espansive e anche nei mercati emergenti le monete tendono a deprezzarsi a causa di performance non propriamente brillanti. “Nel 2014 – prosegue il Ft – le società dell’S&P500 hanno guadagnato circa il 48% dei profitti fuori dagli Usa, secondo i dati degli Indici S&P Dow Jones. Un dollaro debole negli anni passati ha spinto le multinazionali americani, che beneficiavano quando trasferivano i guadagni esteri in dollari. Ma il divergere delle politiche monetarie ha spinto il cambio su del 19% rispetto a un anno fa, e del 22% in su contro euro. Questo ha depresso la cosiddetta crescita top-line, in particolare per i gruppi di internet e tecnologia, che realizzano più utili fuori che dentro gli Usa di qualsiasi altro settore”.

MENO UTILI E VENDITE IN CALO
E c’è un ulteriore dato che dovrebbe preoccupare i grandi imprenditori d’America e cioè che “sebbene più del 70% delle società dell’S&P 500 abbiano battuto le stime di utile, solo il 42% ha superato le proiezioni di fatturati – e il 41% ha deluse le stime di consensus sui profitti”: non solo dunque un dollaro con i muscoli che abbatte gli utili estrei ma anche in generale meno giro di affari. E se spesso “le società americane lasciano all’estero gli utili che hanno realizzato là per evitare la tassazione Usa, il dollaro può comprimere margini e profitti di società che producono e vendono beni in valute differenti. I manager devono spesso scegliere tra alzare i prezzi nei Paesi in cui la valuta si è indebolita o di guadagnare meno rispetto agli anni pretendenti per riuscire a competere con i gruppi stranieri”.

100 MILIARDI IN MENO NELLE CASSE AZIENDALI
Secondo Ubs le perdite imputabili alla forza del biglietti verde saranno del 3-4% degli utili totali dell’S&P 500 che ammontano a 10,7 trilioni di dollari (quindi una perdita di circa 300 miliardi). Ed vero che il mercato misura i risultati a cambi costanti, invece di guardare ai numeri puri. Ma questo non basterà a salvare la Big corporate. “Il dollaro ha fermato la sua corsa a marzo e poi ha fluttuato, ma se riprenderà la traiettoria al rialzo il mercato ne prenderà nota e ci sarà più di un problema per le multinazionali”. L’analisi del Ft mostra che la perdita in termini di vendite sia ammontata a “28,9 miliardi di dollari nel secondo trimestre dell’anno, ovvero circa il 3,3% degli 863 miliardi di quanto riportato a bilancio. Il dato segue la perdita di 23 miliardi nei primi tre mesi dell’anno, circa il 2,7% degli introiti realizzati. L’analisi ha coperto oltre 100 imprese dello S&P 500 che hanno riportato sia il primo sia il secondo trimestre – ed è stata limitata dalla mancanza della dichiarazione dell’effetto cambio da parte di dozzine di società. Il dato stesso è in qualche modo anomalo in quanto le società devono considerare cambiamenti strutturali nelle operazioni, nei volumi di crescita, acquisizioni o cessioni se includono l’effetto dollaro”. In compenso, se ha colpito i fatturati delle aziende esposte all’estero, il dollaro ha anche fornito loro anche “spazio di manovra per arginare le aspettative della bottom-line: le società esposte all’estero hanno avuto più sorprese sugli utili di quanto sia avvenuto per le società domestiche, perché le stime erano state tagliate così tanto che era facile batterle”.


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