Mentre i media italiani si dedicano alle schermaglie fra Renzi e Bersani sul futuro del Pd, al dibattito di Grillo col Papa sugli immigrati e ai superstipendi erogati, in tempo di crisi nera, dalla Cisl per i suoi dirigenti, l’Isis prosegue nella sua avanzata.
È arrivato addirittura ad annienare e, in parte, a sequestrare, l’intera forza di reazione irachena che era stata perfettamente addestrata dagli Stati Uniti. Era una èlite combattente di soli 300 uomini che avrebbe dovuto infliggere all’Isis delle perdite circoscritte, certo, ma anche esemplari. Invece, questa èlite, che doveva dare (ai combattenti dilettanti dell’Isis; armati di ferocia ma sprovvisti di cultura bellica) la dimostrazione della sua indiscusssa superiorità, si è invece comportata come fanno le galline di un pollaio quando ci entra una volpe.
Insomma, nonostante tutte le analisi, l’Isis resta, in gran parte, un oggetto misterioso. Uno dei quesiti che lo riguardano è, come mai i massacri perpetrati dai dittatori sanguinari del secolo passato (da Hilter a Stalin, da Mao a Pol Pot) sono stati da loro accuratamente nascosti e tenuti segreti fin che fu possibile, mentre questi dell’Isis,non solo non vengono nascosti, ma vengono addirittura sbandierati?
I dittatori sanguinari del secolo passato erano forti al loro interno e quindi i loro assassini di massa avrebbero contribuito a diminuire, all’estero, sul piano della loro immagine internazionale, il loro appeal che era un ingrediente essenziale della loro leadership. Chi, in Italia, tanto per fare un esempio, avrebbe osato dichiararsi comunista e sostenere la politica di Stalin negli anni Cinquanta, se l’Urss, allora, avesse diffuso, in modo ufficiale, con foto e film inequivocabili (allora non c’era il web a fare da megafono) l’immagine delle torture di massa in corso nei gulag siberiani a carico dei dissidenti anti comunisti, quando non dei semplici non entusiasti del verbo marxista-staliniano?
L’Isis invece (al contrario dell’Urss di Stalin o della Cina di Mao) non è interessato ad essere popolare per tutti all’estero. Esso infatti, nella sua propaganda verso il resto del mondo, si propone di interloquire solo con i giovani musulmani potenzialmente interessati (non solo per ragioni ideologico-religiose ma soprattutto testosteroniche) alla sua battaglia contro gli infedeli, che, per complicare le cose, sono anche gli shiiti.
L’Isis inoltre ha la necessità di interloquire, con la sua propaganda, anche con i paesi del Medio Oriente e in particolare, con le minoranze religiose non musulmane di queste aree, alla quali, per terrorizzarle, deve far pervenire un messaggio terrorizzante di disumano annientamento in caso di sua vittoria.
L’obiettivo dell’Isis in Medio Oriente è, seminando il terrore via Web, di far fuggire, senza combattere, i non musulmani (e in particolare i cristiani, ma non solo). L’Isis fa quindi loro, non solo capire, ma anche vedere, che cosa capiterà, anche a loro, se volessero insistere nel non togliere il disturbo della loro presenza dai territori della mezzaluna.
Da qui le immagini, non delle fucilazioni (che pure sono terribili) ma delle decapitazioni (e non con la ghiglittina ma con un coltello da macellaio infilato nella gola), del lento ma anche ineludibile annegamento dopo che i prigionieri sono stati messi dentro una gabbia di ferro, del rogo in una gabbia dove si possa assistere all’agonia di un essere, dei bambini che fanno le esecuzioni davanti alle telecamere a dimostrazione che gli esecutori degli infedeli possono essere tutti e che la lotta imbastita dall’Isis è veramente, e non solo a parole,all’ultimo sangue.
In condizioni normali, cioè quando l’Occidente non era solo digestivo, come lo è adesso, la propaganda dell’Isis avrebbe provocato l’indignazione dei paesi liberi. Adesso invece essa viene vissuta come un disturbo (“è terribile ciò che vediamo ma abbiamo altro a cui pensare, noi”) e anche con paura (“se sono così crudeli è meglio non andarli a disturbare perchè te la fanno pagare”). L’Isis, concludendo, non sa usare solo le armi ma soprattutto la comunicazione che è evidentemente gestita con grande abilità da chi sa dove e come colpire per portare acqua al suo mulino.