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Verizon, T-Mobile e non solo. Ecco chi negli Usa vuole occupare il wifi

Il futuro del wifi sta creando un nuovo terreno di scontro tra colossi delle Tlc e delle tecnologie negli Stati Uniti. Le telco Verizon Communications e T-Mobile Us, infatti, si preparano a lanciare una nuova tecnologia (Lte-U) che manderà i segnali per la telefonia mobile su alcune delle stesse frequenze “libere” che vengono attualmente usate dalle reti wifi. Come noto il wifi è un pilastro dell’Internet mobile: chiunque possieda uno smartphone o un tablet, pur avendo il piano dati (a pagamento, con una telco), si appoggia quando possibile alle connessioni wifi gratuite. Questa pratica è in realtà sostenuta anche dalle telco perché aiuta a decongestionare le loro reti.

Tuttavia le manovre di Verizon e T-Mobile preoccupano startup come Republic Wireless e colossi del calibro di Google e Cablevision Systems che hanno costruito interi ecosistemi di servizi fondati sull’onnipresenza di reti wifi gratuite e ben funzionanti: il timore è che i segnali mobili delle aziende telecom, passando sulle stesse frequenze del wifi, possano limitare gli spazi del wifi e creare ingorghi di traffico mobile rendendo le connessioni gratuite meno fluide ed efficienti. A danno dei servizi targati Google & co.

CHI VUOLE STRANGOLARE IL WIFI?

Le reti wifi—a casa, negli uffici, negli aeroporti, nei locali pubblici—già trasportano più della metà del traffico dati a livello globale. Anche negli Usa il wifi è molto sfruttato e ha abituato gli utenti a connessioni veloci e senza limiti sui dati che si possono scaricare. Sono così fiorite una serie di startup, come Republic Wireless e Scratch Wireless, che offrono servizi di telefonia mobile a basso prezzo basati principalmente sui segnali del wifi e che passano sulle reti mobili solo se il segnale wifi è assente. Anche colossi come Google e Cablevision usano il wifi per offrire servizi simili. Si tratta di business nascenti rispetto ai volumi delle grandi telco come Verizon, che ha 100 milioni di abbonati, ma l’Lte-U rischia, dal punto di vista di questi concorrenti, di tarpare le ali alle nuove iniziative.

“Il wifi è la sola rete alternativa agli operatori mobili”, sottolinea David Morken, co-fondatore e Ceo di Republic Wireless, che fa parte del gruppo Bandwidth.com. “E’ nell’interesse degli operatori mobili, per le loro strategie di lungo periodo, rende il wifi sempre più marginale in quanto ecosistema alternativo, aperto e creativo”.

Verizon e gli altri carrier respingono le accuse al mittente: loro intenzione è solo di migliorare l’esperienza dei loro clienti, non danneggiare il wifi. Ericsson (alleata di Verizon nella spinta all’Lte-U) calcola che con l’Lte-U (sigla di Lte-Unlicensed, che usa le frequenze non licenziate dei 5 GHz) la velocità delle reti mobili potrebbe migliorare di 150 megabit al secondo. Ma se ci saranno o no interferenze e rallentamenti per il wifi non è chiaro e, secondo Harold Feld, senior vice president di Public Knowledge, associazione dei consumatori, il wifi è troppo importante per far partire l’Lte-U senza sapere prima che impatto avrà sulle reti aperte e gratuite. E anche se l’impatto fosse minimo, aggiunge Feld, permettere la diffusione dell’Lte-U significa dare alle telco la capacità di “strangolare lentamente il wifi”: “Senza ucciderlo del tutto, lo si fa diventare una potente arma per abbattere i servizi concorrenti”.

LA TECNOLOGIA DELLA DISCORDIA

Verizon Wireless e T-Mobile Us ovviamente hanno il diritto di usare le frequenze del wifi: queste sono “non licenziate”, aperte a tutti. E fanno gola perché rappresentano una soluzione poco costosa (non c’è acquisto di licenze) e permettono alle telco di raddoppiare la capacità di banda, migliorando di molto le connessioni mobili in posti affollati, dove la domanda di dati è elevata. Chi usa le frequenze del wifi deve però in teoria rispettare alcune regole: trasmettere con bassa potenza e controllare se le frequenze sono in quel momento già occupate; in tal caso si condivide la banda con gli altri utenti in base a un protocollo chiamato “Listen before talk“. Il wifi già convive con altre tecnologie (per esempio il Bluetooth) ma l’Lte-U rischia di diventare un vicino un po’ più ingombrante.

Infatti, “nel peggiore dei casi”, nota Edgar Figueroa, presidente e Ceo della Wi-Fi Alliance, gruppo no-profit globale che sostiene le tecnologie wifi, l’Lte delle telco funzionerebbe “sullo spettro non licenziato senza rispettare gli altri utilizzatori, deteriorando di molto l’esperienza sul wifi”. Si finirebbe col “succhiare via la banda” dal wifi per darla tutta all’Lte.

Figueroa chiarisce: la Wi-Fi Alliance non pensa che gli operatori mobili non debbano usare le frequenze libere ma solo che debbano segure le regole comuni, ovvero gli “standard”. Ed è qui che lo scontro si infiamma.

LA LOTTA SUGLI STANDARD

La Wi-Fi Alliance e altri gruppi che definiscono gli standard del wifi stanno lavorando con alcuni player dell’industria mobile per creare una tecnologia standardizzata simile all’Lte-U e chiamata Lte-License assisted access o Lte-Laa. Questa usa il protocollo Listen Before Talk garantendo la pacifica coesistenza tra Lte e wifi.

Ma le attrezzature di rete per l’Lte-Laa non sono pronte: saranno sviluppate tra alcuni anni. E le telco non vogliono aspettare, le reti mobili sono sotto pressione, il traffico dati esplode. Verizon e T-Mobile Us intendono introdurre l’Lte sullo spettro non licenziato già l’anno prossimo (e come loro altre telco nel mondo scalpitano, dalla Corea del Sud all’India; anche Vodafone sarebbe pronta ad introdurre l’Lte-U, secondo Fierce Wireless). L’Lte-U userebbe un protocollo meno stringente rispetto al Listen Before Talk; seguirebbe altri standard che Verizon ha sviluppato all’interno dell’Lte-U Forum, creato ad aprile 2014 insieme ai produttori di attrezzature per le telecomuicazioni Qualcomm e Ericsson.

GOOGLE DIFENDE IL WIFI

La levata di scudi contro le manovre di Verizon e i grandi vendor di attrezzature ha trovato espressione nella dura lettera che  Google ha indirizzato alla Federal Communications Commission americana chiedendo di prestare la dovuta attenzione ai progetti in corso di Verizon e T-Mobile Us. Google ha scritto al regolatore che la nuova tecnologia desta “grande preoccupazione” perché gli operatori mobili “potrebbero considerare i fornitori del wifi, per esempio le aziende del cavo che offrono gli hotspot ai loro clienti, come concorrenti”. Continua Google: la trasmissione Lte-U sulle stesse frequenze del wifi può peggiorare la qualità delle connessioni wifi anche del 75%. In pratica, migliora la user experience mobile dei clienti di Verizon & co. e peggiora di molto quella di chi usa il wifi.

La risposta di Qualcomm non si è fatta attendere: Prakash Sangam, Qualcomm director of technical marketing, ha spiegato che, anche se l’Lte-U usa un diverso protocollo per la condivisione delle frequenze rispetto al Listen Before Talk, garantisce comunque una perfetta cooperazione con il wifi.

“Il wifi è molto importante per noi perché è molto importante per i nostri clienti”, ha chiarito Patrick Welsh, director of federal government affairs di Verizon. “Tutti i test che abbiamo condotto dimostrano che l’Lte-U è un vicino di casa innocuo per il wifi”.

Microsoft ha invece preso le distanze dalla nuova tecnologia, dicendosi preoccupata che deteriori le prestazioni dei servizi erogati sul wifi. Addirittura la National Cable & Telecommunications Association (Ncta), che rappresenta le società del cavo come Comcast, ha bocciato tanto l’Lte-U che il suo “cugino” standardizzato dalla Wi-Fi Alliance Lte-Laa: entrambe le tecnologie, secondo la Ncta, peggiorano di molto le vicine reti wifi – fino al 77% di qualità in meno.

UN DIBATTITO POLITICO

Come spesso accade (non solo negli Stati Uniti), il dibattito si è spostato sul terreno della politica. Lo scorso mese, sei senatori Democratici hanno scritto una lettera al presidente della Fcc Tom Wheeler esprimendo preoccupazione per un possibile deterioramento delle connessioni wifi e chiedendogli di intervenire. La Fcc ha aperto un fascicolo per studiare la questione, ma i sostenitori dell’Lte-U sono contrari a qualunque inasprimento normativo. Julius Knapp, capo dell’Office of Engineering and Technology della Fcc, ha comunque chiesto a Verizon e ad altri sostenitori dell’Lte-U chiarimenti di natura tecnica, in particolare come verrebbe trasmesso il segnale sui canali già occupati.

Anche At&t, che gestisce una vasta rete di hotspot wifi in America, ha chiesto alla Fcc di non intervenire con nuove regole sull’uso dello spettro non licenziato; tuttavia la grande telco a stelle e strisce non ha per ora piani per il lancio dell’Lte-U. “Siamo a favore dell’uso dello spettro non licenziato purché possa coesistere senza problemi col wifi”, afferma At&t.

“La tecnologia non è ancora standardizzata”, aveva già indicato all’ultimo Mobile world congress Tom Keathley, SVP of wireless network architecture and design di At&t. “Non abbiamo terminato i nostri test”. Keathley a Barcellona ha spiegato che gli attuali approcci all’Lte-U sono “vaghi” su come si controlla la presenza di altri utenti sulle frequenze non licenziate e su quanto a lungo gli utenti Lte possono occupare queste frequenze.

La questione ha generato una valanga di appelli alla Fcc. A inizio agosto la Wi-Fi Alliance ha chiesto al regolatore di non autorizzare le attrezzature telecom per l’Lte-U fino a che la stessa Wi-Fi Alliance non condurrà i propri test su queste apparecchiature per capire se vi sono interferenze. Verizon, T-Mobile, Alcatel-Lucent, Ericsson e Qualcomm hanno replicato con una loro lettera alla Fcc chiedendo di respingere la proposta della Wi-Fi Alliance che rallenta di molto il passaggio dell’Lte-U dalla fase di test al lancio commerciale.

PERCHE’ LE TELCO VOGLIONO IL WIFI

Che gli animi si scaldino sull’utilizzo dello spettro non licenziato non stupisce: lo spettro coperto da licenze costa. L’ultima asta per le frequenze mobili indetta dalla Fcc (a gennaio) ha fruttato quasi 45 miliardi di dollari; di questi, 18,2 miliardi sono quelli spesi da At&t e 10,4 miliardi da Verizon. La prossima asta, fissata per il 2016, si preannuncia ancora più costosa.

Queste cifre rendono molto difficile per i nuovi player entrare sul mercato ma anche per le grandi telco è sempre più difficoltoso gestire e potenziare le proprie reti. Verizon aveva messo tutti sull’avviso a inizio anno dichiarando che le frequenze sono ormai così care che non c’è altra scelta che cercare tecnologie alternative per migliorare la velocità delle reti esistenti.

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