C’è qualcosa che smentisce la fine del berlusconismo, per quanto se ne celebri spesso il funerale mediatico e i sondaggi annuncino le progressive perdite di Forza Italia. Per non parlare degli anni che inesorabilmente passano anche per Berlusconi, a dispetto della differenza che lui fa tra l’età anagrafica e quella che si sente realmente addosso. Un’età che, alla vigilia del 79.mo compleanno, sulla soglia cioè degli 80, induce il suo più vero e fidato amico, Fedele Confalonieri, a esortare i giornalisti a “lasciarlo in pace”. Gli è accaduto di recente con un cronista della Stampa.
A smentire la fine del berlusconismo è il perdurante antiberlusconismo, per quanto quel furbacchione di Matteo Renzi cerchi di parlarne al passato, mettendoli sullo stesso piano come fenomeni che avrebbero paralizzato l’Italia per un ventennio.
L’antiberlusconismo fa capolino nel dibattito politico tutti i santi giorni. Non c’è parola, gesto, iniziativa, allusione, sospiro, starnuto, foto di Berlusconi che non provochi polemiche. Non c’è Procura della Repubblica, fra le maggiori ma a volte anche fra le minori, in cui solerti cronisti giudiziari non riescano a raccogliere notizie e voci che confermino o promettano indagini e processi a suo carico.
Debbo dire che Berlusconi ci mette molto del suo per occupare permanentemente la scena. Ma non si può contestarglielo più di tanto perché la voglia di mettersi davvero da parte non l’ha mani davvero avuta. Ogni volta che gli è sfuggita qualche parola o frase, o addirittura qualche comunicato in direzione di un ritiro, di una rinuncia, di un passo indietro o di lato, come accadde nell’autunno del 2012 mentre alcuni dei suoi erano tentati dall’allora presidente tecnico del Consiglio Mario Monti, egli non ha fatto trascorrere molti giorni per smentirsi. E cercare di rimettere la sua palla al centro del campo, sfiorando il gol nelle elezioni del 2013.
Neppure l’impedimento giudiziario a pubblici uffici sino al 2018, per effetto della condanna definitiva per frode fiscale che gli è già costata il seggio del Senato, ha spinto Berlusconi dietro le quinte. Intanto, il 2018 è l’anno della conclusione ordinaria della legislatura, per cui non è detto che qualcosa possa nel frattempo cambiare.
Egli spera, fra l’altro, che il verdetto della magistratura italiana sia contraddetto in sede europea, cui ha fatto ricorso. Per non parlare del rischio concreto di bocciatura, davanti alla Corte Costituzionale, della cosiddetta legge Severino applicatagli con effetto retroattivo per farlo decadere da senatore. In questo caso anche l’interdizione dai pubblici uffici perderebbe senso agli occhi della pubblica opinione, al di là e contro le disquisizioni giuridiche su una perdurante validità dell’impedimento.
Appartengono all’antiberluconismo anche le proteste levatesi sul piano mediatico, politico e persino diplomatico contro i suoi ormai stranoti rapporti di amicizia con Putin, appena rinsaldati da un viaggio in Russia comprensivo di una visita in Crimea, tornata russa dopo l’offerta fattane all’Ucraina ai tempi dell’Unione Sovietica da Nikita Krusciov: quello della scarpa battuta sui banchi dell’assemblea delle Nazioni Unite, della guerra sfiorata con gli Stati Uniti per i missili forniti a Cuba e dell’ordine di invadere, nel 1956, l’Ungheria refrattaria alla sudditanza a Mosca.
Si è chiesto perentoriamente a Berlusconi di chiarire con chi sta: con la Merkel e gli Stati Uniti contro Putin o con Putin contro tutto l’Occidente, in riferimento anche ai rapporti con il dittatore siriano Assad, sostenuto da Putin nella guerra condotta contro di lui, oltre che contro tutta l’umanità civile, dai macellai del Califfato.
Solo in un Paese, ma anche in un mondo bizzarro si evita di profittare dei buoni rapporti personali fra Putin e Berlusconi per cercare di metterli al servizio di un onorevole e fruttuoso compromesso, teso a liberarsi finalmente dei tagliagola islamisti.
Via, cerchiamo di essere seri, come si è alla Casa Bianca quando si ricorre anche gli ex presidenti per serie missioni internazionali mettendo a frutto le loro conoscenze ed esperienze.
Da noi, oltre che di Berlusconi si è voluto fare a meno di recente, per miserevoli ragioni di politica interna, anche delle relazioni di Romano Prodi per tentare di uscire dal caos in cui è stata cacciata la Libia con l’eliminazione di Gheddafi. Un caos che ci costa, fra l’altro, centinaia di migliaia di immigrati.