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Così anche i socialisti dell’Est frantumano la solidarietà dell’Europa sull’immigrazione

L’asse franco-tedesco che un tempo reggeva la fragile impalcatura dell’Unione europea è sempre meno stabile e potrebbe essere presto un ricordo del passato. L’alleanza tra Parigi e Berlino sta mostrando infatti tutte le sue debolezze sul tema più caldo del momento, la crisi migratoria, sulla quale si registra anche una mancanza di solidarietà anche da parte dei Paesi dell’Est, ultimi entrati nel club di Bruxelles.

L’EPISODIO

“Poco dopo le sei di lunedì sera – ha scritto scrive Marco Zatterin sulla Stampa – Francia e Germania hanno tentato di rompere l’impasse. Profittando d’una pausa della riunione straordinaria convocata per provare a ricomporre le fila europee davanti al dramma dei migranti… hanno indetto a sorpresa una conferenza stampa” annunciando un accordo politico poi smentito da molti Paesi tra i quali Polonia, Regno Unito, Belgio, Olanda. Una prova di forza fallita come forse in passato non sarebbe accaduto.

SPERANZE DISATTESE

La scorsa settimana il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker presentava dinanzi al Parlamento europeo seduto in sessione plenaria una proposta legislativa per far fronte all’emergenza immigrazione; due settimane fa Angela Merkel decideva di aprire le frontiere e poco dopo gli immigrati “entravano” in Germania inneggiando alla cancelliera tedesca, poi però, si è riunito il Consiglio Giustizia e Affari Interni dell’Ue (quello che ha bocciato Parigi e Berlino) e le speranze che arrivasse una soluzione europea alla tragedia umanitaria sono andate deluse o quanto meno ridimensionate e tutte le decisioni sono state rimandate alla nuova riunione convocata per l’8 ottobre.

IL DIETROFRONT TEDESCO

Nel frattempo la Cancelliera tedesca ha richiuso le frontiere, ma visto che la pressione è tanta anche sui confini della Germania, ieri la Merkel appoggiata dal cancelliere austriaco Werner Faymann ha chiesto al presidente della Ue Donald Tusk di convocare un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo sull’immigrazione la prossima settimana. Tusk al momento ha risposto via Twitter, annunciando che avrebbe continuato le consultazioni e che giovedì avrebbe annunciato la sua decisione in proposito. E mentre Tusk pensa, il premier ungherese Viktor Orban agisce: ha annunciato che il suo governo ha deciso di costruire un nuovo muro con la Romania (dopo quello costruito al confine con la Serbia) per evitare che la pressione migratoria si diriga verso il confine rumeno.

I NUOVI CONTRARI

Iniziano anche ad essere evanescente la solidarietà di alcuni leader socialisti europei, infatti anche il rumeno Victor Ponta, lo slovacco Robert Fico e il ceco Bohuslav Sobotka si sono dichiarati contrari ad accogliere quote di immigrati e pur non avendo alzato muri, non sembrano disposti a cambiare la loro posizione.

I PAESI DELL’EST

Nei corridoi di Bruxelles si mormora che i Paesi dell’est (ultimi arrivati in termini temporali nella Ue) “hanno preso fin che c’era da prendere”, beneficiando della solidarietà dei Paesi fondatori e degli altri Paesi membri, ma hanno dimenticato in fretta la solidarietà che hanno “preteso” per diventare a loro volta membri dell’Ue. In una Europa dove i governi appaiano spaccati su quello che risulta essere il maggiore esodo migratorio degli ultimi anni, continuano gli appelli alla solidarietà dei presidenti dei due maggiori gruppi al Parlamento europeo: il popolare Manfred Weber sottolinea “la mancanza di volontà politica” di molti partner europei e definisce “deludente” il vertice di lunedì; il socialista Gianni Pittella ricorre a un richiamo storico dichiarando che “ormai abbiamo varcato il Rubicone e non si può tornare indietro” e aggiunge che “l’Europa non è un club di interessi ma una famiglia basata sulla solidarietà”.

IL LIMITE DELL’EUROPA

Nonostante la volontà e gli appelli alla solidarietà dell’Europarlamento in tema di immigrazione (unica istituzione eletta in rappresentanza dei cittadini), gli egoismi nazionali dei singoli Stati continuano a regnare sovrani, visto che l’ultima parola spetta ai governi.

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