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Ecco come Obama e Putin si confrontano sulla Siria

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class, pubblichiamo l’analisi di Alberto Pasolini Zanelli pubblicata sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi

Un nuovo fronte sta per aprirsi in Siria? Può farlo sospettare lo scambio di note, raccomandazioni, la diffusione di notizie fra il vago e il contraddittorio che riempiono da alcuni giorni i canali diplomatici fra Washington e Mosca e che inducono qualche osservatore a correre un po’ avanti e diffondere l’impressione che si potrebbe prima o poi cadere dai passi diplomatici a qualche altra forma di prova di forza. Un pericolo che, ai più, pare remoto ma che sarebbe necessario capire, rendere comprensibile anche a coloro che non sono del mestiere.

Tutto è cominciato quando ha preso a circolare, da una fonte israeliana, la notizia che soldati russi si troverebbero in Siria e potrebbero prepararsi a entrare in azione e partecipare ai combattimenti contro le milizie dell’Isis. Mosca risponde con linguaggi che oscillano tra la smentita e una mezza conferma. Certo, dice il Cremlino, dei nostri militari in Siria ci sono e tutti sanno perché: per curare la consegna di mezzi bellici che è in corso ed è nota da tempo. Quanto al resto, continua il discorso, un annuncio sarebbe «prematuro».

Niente di nuovo, insomma: la collaborazione tra Mosca e Damasco è vecchia di decenni. Dopo gli sconvolgimenti nello scacchiere mediorientale, passato dalla Guerra fredda a una caldissima e sanguinosa, alla Russia è rimasto un solo amico in quell’area, in forme pratiche e simboliche, dalle basi navali a una intensa collaborazione politica e diplomatica. Qualcuno può essersene dimenticato, ma un paio d’anni fa l’America è stata sul punto di intervenire con le armi per interdire l’uso, da parte del regime di Damasco, di armi chimiche.

Obama aveva addirittura parlato di una «riga rossa» tracciata sul «terreno» o, piuttosto, sull’acqua. Tale spettro fu esorcizzato all’ultimo momento da una trattativa condotta dal segretario di stato Kerry con il governo di Mosca: una specie di cessate il fuoco in cambio della consegna, da parte siriana, di quei materiali dati in custodia proprio alla Russia.

Cosa è cambiato da allora? Si sono aggrovigliate le alleanze. Il regime di Damasco, sostenuto dall’Iran ma attaccato contemporaneamente dall’Isis e dai cosiddetti moderati appoggiati dall’Europa, dall’America e dalla Turchia. Il Califfato teoricamente contro tutti ma che, in realtà, ha il compito alleviato dalle ostilità in corso fra i suoi avversari dichiarati. E la Russia? La Russia, non da adesso, parteggia per il regime di Assad, si dimostra pronta a collaborare con gli occidentali e con l’Iran per difenderlo da coloro che l’Occidente sostiene e arma. Un duello soprattutto a parole e anche fra armi in affitto. Con sussulti che sembrano indicare la possibilità di scontri più diretti.

A condire il tutto, il collegamento, reso noto in questi giorni, fra la Siria e l’Ucraina e la Crimea, donde partirebbero armi e soldati agli ordini di Putin: l’eterno sospetto che si comporta come se fosse desideroso della pubblicità internazionale che da tale sospetto gli deriva.


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