I medici possono appendere il camice al chiodo? La nuova frontiera delle medicina sono i dottori robot. Non siamo sul set di una pellicola firmata di Jake Schreier che, in qualche modo, aveva già dato fiducia all’ “avatar del medico” nel film “Robot e Frank” del 2012.
Al Policlinico milanese di San Donato, da una decina di giorni si aggirano per i corridoi due marchingegni, alti più o meno un metro e settanta, che fanno le veci del medico. Il professor Carlo Pappone, primario dell’Unità di Elettrofisiologia e Aritmologia del Policlinico San Donato e fautore dell’iniziativa, ha spiegato: “Facilitano il rapporto tra il medico e il paziente che negli ultimi anni è diventato sempre più difficile a causa degli impegni improrogabili e della moltiplicazione delle procedure”.
I due computer dalle sembianze umane hanno dunque una funzione sociologica; ebbene sì, la nuova frontiera del rapporto umano pare essere destinata ad avere la mediazione di un pc. Ma non si corre il rischio di una sovrapposizione tra la macchina e l’uomo. Prosegue infatti Pappone: “La robotica è utilizzata come strumento, Crik e Crok, così li ho simpaticamente ribattezzati, portano in giro la faccia, la voce e soprattutto le conoscenze del medico” che, attraverso un iPad può telecomandarli.
Hanno le gambe e le braccia proprio come fossero degli esseri umani, al posto della testa c’è uno schermo, con una web cam, su cui è proiettata la faccia del medico che così può interagire con i pazienti e con i colleghi. Attraverso i comandi vocali, i robot possono muoversi anche in sala operatoria. L’obiettivo è quello di rendere più agevole il lavoro dello specialista che così, anche se fuori sede magari per un congresso, può avere un controllo più o meno diretto con il malato.
Nei primi giorni di utilizzo, dopo un’iniziale diffidenza, anche i pazienti hanno accolto bene i robot “perché è il medico che parla e così tutti si tranquillizzano”, ha spiegato ancora Pappone.
Il robot è l’estensione del medico stesso, come quest’ultimo è dotato di una strumentazione all’avanguardia che comprende uno stetoscopio, un ecografo, un ecocardiografo e oftalmoscopio. Non solo, Pappone ha detto ancora che “negli Stati Uniti i robot sono molto usati nei reparti di terapia intensiva dove è importantissima l’igiene e anche nei reparti in cui risiedono i pazienti con malattie infettive”. Se il robot non viene usato per venti minuti, innesca la retromarcia e torna al muro.
E’ la prima volta che questi aggeggi ultratech varcano il confine italiano, la seconda che varcano quello del Vecchio Continente e i sostenitori dell’iniziativa si dicono ottimisti. Ma quanto costano Crik e Crok? “Tanto, circa 250 mila euro ciascuno ma credo che nel lungo periodo l’investimento possa essere molto vantaggioso”. La spesa rientra in un piano di potenziamento sanitario che si aggira, in termini complessivi, intorno al 25 milioni di euro. Gli ospedali diventano 3.0, ma tranquilli non si smetterà di studiare medicina, né ci affideremo completamente alle macchine, dei medici insomma si avrà sempre bisogno.