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Il Papa e Martin Luther King

Per la prima volta durante il suo pontificato Papa Francesco prende la parola davanti al Congresso degli Stati Uniti. Nella mattina di giovedì, infatti, il Pontefice si è recato al Campidoglio e, di fronte a tutti i parlamentari del Paese, ha pronunciato in inglese un discorso nel quale ha menzionato quattro figure di americani esemplari: Abraham Lincoln, Thomas Merton, Dorothy Day e Martin Luther King. Da una citazione di quest’ultimo il Papa ha tratto ispirazione per trattare temi importanti per l’opinione pubblica americana, come il dramma delle nuove forme globali di schiavitù, l’accoglienza degli immigrati, la crisi dei rifugiati e la necessità del dialogo. Nel suo discorso ampio e articolato, così il Pontefice ha richiamato la figura del leader nero dei diritti civili: «Penso anche alla marcia che Martin Luther King ha guidato da Selma a Montgomery cinquant’anni fa come parte della campagna per conseguire il suo “sogno” di pieni diritti civili e politici per gli Afro-Americani. Quel sogno continua ad ispirarci. Mi rallegro che l’America continui ad essere, per molti, una terra di “sogni”. Sogni che conducono all’azione, alla partecipazione, all’impegno» (Papa Francesco, Il nuovo sogno americano, in L’Osservatore Romano, 26 settembre 2015, p. 7).

M.L. KING, UN “FALSO MITO”?

In realtà il Papa non ha espresso nessun apprezzamento “in bianco” sulla figura del leader dei diritti civili nella cui biografia, peraltro, non manca un “lato oscuro” (ne ho scritto sul periodico “Il Corriere del sud”, cfr. Falsi miti del Novecento: Martin Luther King, n. 9, Crotone 15 novembre 2013, p. 3). Innanzitutto, l’auspicata (da molti alla Casa Bianca) visita al Martin Luther King, Jr. Memorial di Washington D.C. non ha avuto luogo. Avrebbe dovuto tenersi, secondo fonti del governo Americano, giovedì mattina prima di recarsi al Congresso, e ci si sarebbe aspettato da Papa Francesco «una breve sosta in preghiera in silenzio di fronte alla statua di M. L. King» (Andrea Gagliarducci, Possible papal detour: a visit to the Martin Luther King, Jr. Memorial?, in Catholic News Agency, Sep 23, 2015). Si tratta dell’enorme monumento commemorativo in granito, dedicato al leader nero e che si trova proprio sul lato opposto rispetto al memoriale dedicato al presidente Thomas Jefferson (1743-1826).

MA CHI ERA DAVVERO MARTIN LUTHER KING?

Martin Luther King, nato “Michael King”, ad Atlanta il 15 gennaio 1929, è morto a soli 39 anni a Memphis, il 4 aprile 1968, assassinato da un estremista segregazionista. Politico, attivista e pastore protestante (battista) statunitense, è stato nel 1964 il più giovane Premio Nobel per la pace del mondo.

Pochi sanno però che, negli anni 1980, i lavori di un gruppo di ricerca istituito alla Stanford University per la pubblicazione dell’Opera omnia di King, sono stati bruscamente interrotti perché l’editore, già pronto da tempo, ha improvvisamente rinunciato alla stampa delle opere annunciate.

Dopo i primi giorni di lavoro, infatti, i membri, discepoli e ammiratori fedelissimi del leader  nero, si sono detti, testualmente, «increduli, sconvolti, avviliti» da quanto andava profilandosi sotto il loro occhi. Ma cosa era successo? Ha scritto Vittorio Messori che, i componenti del gruppo di lavoro della Stanford University, hanno «scoperto che buona parte di ciò che King ha lasciato – dai discorsi ai libri era stato copiato da altri autori: spesso, senza citare affatto la fonte; talvolta, limitandosi a una piccola nota che non faceva però sospettare l’imponenza del plagio. David Garrow, vincitore di un Premio Pulitzer per una biografia del pastore dall’impegnativo titolo di Portando la croce, ha dichiarato: “La scoperta è stata per me un forte trauma. Perché l’ha fatto? La cosa è ancor più sconvolgente perché non rientra nell’immagine dell’uomo che ho conosciuto e amato”» (Vittorio Messori, M.L. King, in La sfida della Fede, SugarCo edizioni, Milano 2008, p. 488).

IL «MOVIMENTO PER I DIRITTI CIVILI»

Com’è nata poi la leadership di M. L. King a capo del «Movimento per i diritti civili»? Tutto è partito dal “caso dell’Arkansas”, del 1957, che vide l’esclusione, da parte del governatore “sudista”, di nove studenti negri dall’High School di Little Rock per evitare incidenti coi circa 2000 studenti bianchi iscritti. Il politico a capo della comunità fra le più conservatrici degli Stati Uniti ricorse alla Guardia nazionale, da lui dipendente, per impedire l’accesso alla scuola da parte dei negri.

Il Presidente Dwight Eisenhower (1890-1969), non poteva certo permettere che gli ordini del governo federale fossero disattesi da un governo “locale” e, pertanto, inviò un reparto dell’Esercito americano per scortare da casa a scuola gli studenti neri con soldati in pieno assetto di combattimento. Tale imposizione provocò incidenti che portarono appunto Martin Luther King a mettersi a capo di un “Movimento per i diritti civili” che, in primo luogo, avrebbe dovuto tutelare gli “American Negroes”. King, alla maniera di Gandhi, scelse fin da subito di ricorrere a metodi di lotta non violenti come il boicottaggio di autobus, la convocazione di “marce per la pace” di soli negri, sit-in davanti ai ristoranti e ai locali riservati ai bianchi etc. Alla fine del 1957 il Congresso americano si vide quindi costretto ad approvare una legge sui diritti civili che dichiarava illegale la discriminazione dei negri nelle liste elettorali.

IL LIBRO PIU’ NOTO, «THE STRENGHT TO LOVE»

Il libro più noto di King è “The Strength to Love” (Harper & Row, New York 1963), cioè “La forza di amare”, una raccolta di sermoni e preghiere che, anche in Italia, si rivelò negli anni Sessante un vero best seller, apprezzato soprattutto negli ambienti cattolici e, persino, ecclesiastici. Eppure, come ha rivelato il gruppo di ricerca americano, «anche quel libro è in gran parte la cucitura di  sermoni e libri di altri autori, il cui contributo è però taciuto da King» (V. Messori, op. cit., p. 488). Con questo libro e la forza della non violenza King e il suo popolo ottennero uno storico pronunciamento della Corte suprema che apriva la strada ai diritti civili ai neri. Eppure la sua figura, oltre a quanto finora detto, non è stata “rosa e fiori” anche per altri gravi motivi morali.

QUELLO DI SCABROSO CHE MOLTI NON SANNO DI MLK…

L’abitudine di M.L. King di avere avventure extra-coniugali era ben nota nella società americana “che conta” degli anni Sessanta. Uno dei suoi ammiratori, Michael Eric Dyson, ha dichiarato ad esempio che il leader nero gli raccontava spesso «barzellette oscene», «condivideva donne con amici», ed era  un «sessualmente sconsiderato» («sexually reckless» secondo l’espressione letterale di Dyson, cfr. The Unknown Martin Luther King, Jr., a cura di Benjamin J. Ryan, American Renaissance, Oakton, VA 2009).

Secondo Taylor Branch, uno dei biografi di King, durante il giorno il leader nero parlava a grandi folle, citando la Sacra Scrittura e invocando la volontà di Dio ma, di notte, aveva frequentemente rapporti sessuali con donne del suo uditorio. Sempre secondo Branch, durante una lunga festa nella notte fra il 6 ed il 7 gennaio 1964, una microspia dell’FBI registrò la distinta voce di King che aveva rapporti con una donna e, la notte prima della sua morte, tradì la moglie Coretta Scott (1927-2006), che aveva sposato giovanissima, nel 1953, andando a letto con alcune donne.

L’informazione che King sia stato fedifrago in articulo mortis è tratta dalla mastodontica biografia scritta da un testimone diretto di molte delle sue avventure, Ralph Abernathy (1926-1990), intitolata And The Walls Came Tumbling Down (Harper & Row, New York 1989, pp. 638). Abernathy è stato il suo miglior amico ed era presente con King nella notte precedente al suo  assassinio.

King giustificava le sue infedeltà coniugali in una maniera che, oggi, a dir poco potrebbe essere definita maschilista e sessista. «Io sto lontano da casa dai 25 ai 27 giorni ogni mese. Avere rapporti è una forma di riduzione dell’ansietà», avrebbe dichiarato stando al libro sopra citato The Unknown Martin Luther King, Jr.

Ma oltre che “scabroso”, il pensiero di King, risulta anche eretico dal punti di vista cattolico. Nel suo scritto “What Experiences of Christians Living in the Early Christian Century Led to the Christian Doctrines of the Divine Son ship of Jesus, the Virgin Birth, and the Bodily Resurrection” (“Quali Esperienze dei Cristiani che vissero nel Primo Secolo Cristiano portarono alle Dottrine Cristiane della Divina Condizione di Figlio di Gesù, della Nascita Verginale, e della Resurrezione Corporale”) il pastore nero nega infatti che Gesù Cristo è il divino Figlio di Dio. Ciò affermando, egli mette in discussione evidentemente una serie di verità consolidate nel cristianesimo tout court, come quella per cui Dio è da ogni eternità, che Egli Gesù Cristo sia nato da una vergine e, infine, che il Salvatore sia risuscitato dai morti.

I “DEMOCRATICI SOCIALISTI” DI OGGI E DI IERI

Insomma, a cattolici e “democratici”, ci sentiamo di dire: “Ok, il Papa ha citato Martin Luther King, e allora?”. Ai primi ricordiamo quanto appena riportato riguardo alla “ortodossia” Cristiana del leader nero (oltre a quanto detto sulla sua vita – se fosse vera solo la metà di quello che è riportato…-). Ai secondi è utile evidenziare uno dei tanti discorsi di MLK che, ripresi molto da parte di esponenti della sinistra americana dopo la citazione del Pontefice al Congresso, lo additano politicamente come un socialista. Diceva per esempio nel maggio 1965 in un discorso al Negro American Labor Council”: «Dovremmo avere una migliore distribuzione della ricchezza e, forse, l’America dovrebbe andare verso un socialismo democratico. Chiamiamolo come vogliamo, chiamiamolo democrazia o socialismo democratico, ma ci deve essere una migliore distribuzione della ricchezza in questo nostro Paese per tutti i figli di Dio».

In una lettera a Coretta Scott, allora sua fidanzata, scritta nel 1952, King esplicitava ancora più chiaramente questa sua “preferenza” politica: «Immagino che già sai che sono molto più socialista che capitalista nella mia visione economica». Queste e latre sono tutte citazioni riprese a pié sospinto in questi ultimi giorni, ad esempio, dallo staff del candidato alle presidenziali Bernie Sanders, senatore democratico del Vermont, che piace tanto anche a certa sinistra italiana perché «da sempre si dichiara socialista» (Fabio Marcelli, Elezioni Usa 2016: Bernie Sanders, facci sognare!, in “Il Fatto quotidiano”, 26 agosto 2015).

«Il fatto che MLK si definisca un “socialista democratico” – ha commentato un notista politico vicino a Sanders – è di grande rilevanza per le prossime elezioni. […] Ricordiamo che nel 2008, molti neri Americani furono convinti a supportare Obama fino alla sua vittoria nel New Hampshire convincendoli che lui poteva farcela» (Vegan Mark, Martin Luther King – Democratic Socialist, in Daily Kos, Sep 22, 2015).

Non è quindi un caso che il senatore Sanders partecipò nel 1963 alla Marcia di Washington e, in quell’anno, fu arrestato per la sua partecipazione a manifestazioni anti-segregazioniste organizzate nella sua università.



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