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I miei dubbi sul dubbioso Ingrao

Di Pietro Ingrao, morto a cent’anni, compagni ed estimatori hanno scritto come di un comunista “che amava il dubbio e voleva la luna”.

Che Ingrao volesse la luna non c’è dubbio, avendolo scritto lui stesso, anche nel titolo di un suo celebre libro autobiografico. Che fosse anche l’uomo del dubbio, permettetimi di dubitare. E scusatemi del bisticcio di parole.

Non ne ebbe, di dubbi, se non dopo più dei vent’anni soliti di ritardo con cui i comunisti solevano appunto dubitare delle loro decisioni, quando nel 1956 alla direzione dell’Unità si lasciò convincere da Palmiro Togliatti ad approvare l’invasione sovietica dell’Ungheria. Dove i comunisti – ripeto, i comunisti – reclamavano la libertà.

Non ne ebbe, di dubbi, Ingrao neppure rimanendo nel partito quando i suoi simpatizzanti e compagni del Manifesto ne furono espulsi.

Non per questo, naturalmente, Ingrao non merita rispetto. Ma solo per avere generosamente e ingenuamente voluto la luna, anche a costo di non avere o di soffocare i dubbi.



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