Il conflitto siriano ha definitivamente assunto rilevanza globale. Bashar al-Assad, l’ultimo grande dittatore del Medio Oriente, dopo aver resistito alla Primavera araba è impegnato a reprimere una ribellione degenerata in guerra civile, covo della guerra internazionale contro i terroristi islamici. E pensare che anche la “carriera da tiranno” di Assad è stata un caso. Come ricorda Anna Momigliano nella biografia non autorizzata”Il Macellaio di Damasco“, Assad è “l’anti-eroe della scena geopolitica attuale ed al contempo una figura tragica che non ha saputo sfuggire al proprio destino”. Lui, che voleva fare l’oculista e vivere a Londra, è stato costretto dalla famiglia a restare in Siria e guidare il futuro del Paese.
IL BOOKTRAILER DEL LIBRO “IL MACELLAIO DI DAMASCO”
LA POSIZIONE RUSSA
Il presidente russo Vladimir Putin ha detto al programma 60 Minutes dell’americana Cbs che bisogna aiutare Bashar al-Assad a sconfiggere i militanti dello Stato Islamico (Isis). “Stiamo considerando di intensificare il dialogo sia con Assad che con i nostri partner negli altri Paesi”, ha spiegato. Vladimir Putin e Barack Obama si sono incontrati il 28 settembre al Palazzo di Vetro dell’Onu e hanno discusso dell’appello del leader russo per una nuova coalizione contro Isis in Siria e in Iraq.
LA POSIZIONE TURCA
Ma nella comunità internazionale ci sono posizioni molto divergenti su Assad. La Turchia, per esempio, ha insistito che non può tollerare più la presenza di Isis ai suoi confini né tanto meno la continuazione del governo del presidente Assad in Siria. Il primo ministro turco, Ahmet Davutoglu, ha ribadito le aspirazioni del suo governo di creare zone sicure nel nord della Siria, aggiungendo che “una transizione politica che include il rais di Damasco inevitabilmente si trasformerà in una situazione permanente”. Secondo il quotidiano turco Hurryet, Davutoglu crede che “l’unico modo di stabilire la zona di sicurezza è rafforzare l’Esercito Libero siriano (Els) e le componenti moderate dell’opposizione”.
LA POSIZIONE IRANIANA
Un altro alleato di Assad è il presidente dell’Iran, Hassan Rohani. Quest’ultimo ha dichiarato che il governo siriano va lasciato al potere per evitare che gli jihadisti di Isis prendano il controllo del Paese. Rohani, anche lui a New York per l’Assemblea generale dell’Onu, ha spiegato che “la priorità deve essere data alla lotta agli estremisti in Siria, e che le riforme politiche possono venire in un secondo tempo”. “Se vogliamo riuscire a sconfiggere il terrorismo – ha aggiunto – il governo di Damasco non va indebolito. Deve essere in grado di continuare a combattere… Se dall’equazione si elimina il governo siriano, i terroristi entreranno a Damasco e l’intero Paese diventerà territorio controllato, un rifugio per terroristi”.
LA POSIZIONE FRANCESE E SPAGNOLA
Mentre la Francia di François Hollande ha cominciato i bombardamenti aerei al nord della Siria, il ministro di Affari esteri spagnolo, José Manuel García Margallo, ha detto che “è arrivato il momento di negoziare con il regime di Assad se non si vuole che la guerra continui a creare un vuoti che sarà approfittato dall’Isis per crescere”.
… E LA CINA?
Haizam Amirah ricercatore del think-tank Real Instituto Elcano, crede che Assad abbia goduto dell’impunità più totale nel colpire la popolazione civile. “Un caos che ha portato più di quattro milioni di siriani ad abbandonare il Paese”. Amirah ha spiegato che “Russia e Cina hanno vietato diversi progetti di risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma gli altri Stati non hanno approvato nessuna misura per fermare lo spargimento di sangue”.
IL RUOLO DI ASSAD
Il ruolo di Assad è cambiato sostanzialmente. Sembra avere smesso di essere un problema per diventare una soluzione, come emerge dalle ultime decisioni delle maggiori potenze, anche se ieri Obama ha detto di no a chi vuole mantenere lo status quo in Siria; riferimento chiaro alle posizioni di Putin. Sono rimasti nel dimenticatoio i tempi in cui veniva condannato per gli attacchi chimici in Siria. La professoressa di Studi arabi e islamici dell’Università Complutense di Madrid, Soha Abboud-Hagga, insiste che Assad è un elemento di mediazione nel mondo arabo: “Da tre anni insisto che non si può escludere il presidente siriano dalla soluzione del conflitto”, ha detto Abboud-Hagga in un’intervista a La Información. “Non si posso smembrare tutte le istituzioni… Non si è studiata la realtà complessa… sfortunatamente la Siria non tornerà ad essere lo stesso Paese di quattro anni fa ed è la popolazione civile a soffrire le conseguenze”.
IL TERRITORIO SIRIANO
Per Kristin Helberg, esperta di Medio Oriente, con Assad è necessaria la negoziazione del potere in Siria. In un’intervista con Deutche Welle, Helberg ha detto che bisogna “fermare gli attacchi aerei del regime di Assad perché stanno distruggendo le strutture comunali dove dopo si farà la ricostruzione della società civile”.
Uno studio dell’agenzia Jane’s indica che l’Isis e l’esercito siriano hanno perso territorio. L’area sotto il controllo di Assad è di circa 30mila chilometri. Ha perso città importanti al sud della Siria e nella frontiera con la Giordania, ma continua a dominare la base militare di Deir Ezzor, la base T4 all’est di Homs e la base di Tha’ala vicino a Deraa. Così, il territorio di Assad va da Damasco, fino alla cordigliera di Al-Qalamoun, passando da Homs, Hama e Latakia.