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Parigi nel segno della Cina e degli Usa

La dichiarazione sottoscritta il 25 settembre da Barack Obama e Xi Jinping è l’ultimo miglio del percorso comune sui cambiamenti climatici avviato da USA e Cina dopo il fallimento della Conferenza di Copenaghen del 2009 e delle ambizioni europee di allineare le economie del pianeta alle regole della UE.

Da un punto di vista “tecnico-diplomatico” la dichiarazione è coerente con l’accordo sottoscritto a Durban nel dicembre 2011, che ha sancito la sostituzione del “pensiero unico” del protocollo di Kyoto con iniziative flessibili e “plurali” per la riduzione delle emissioni.

Dal punto di vista politico la dichiarazione consolida l’approccio integrato delle politiche climatiche con quelle della crescita economica, certamente diverso da quello adottato dalla UE nel decennio scorso che ha considerato il clima una “variabile indipendente” dall’economia ed ha in parte contribuito alla deindustrializzazione o delocalizzazione di settori strategici.

La dichiarazione dà rilievo e priorità alla innovazione tecnologica nelle politiche energetiche, industriali, della mobilità e forestali, indicando le misure già adottate e quelle previste per “decarbonizzare” l’economia senza penalizzare la crescita economica. A questo proposito va ricordato che Cina e USA sono le economie che investono di più in assoluto nello sviluppo delle  nuove tecnologie a basso contenuto di carbonio, ed è evidente l’intenzione dei due Paesi di dare il “passo” all’economia mondiale con le innovazioni che derivano dal loro impegno comune.

Infine è rilevante nella dichiarazione l’impegno degli USA a sostenere il Green Climate Fund  e quello della Cina a finanziare il China South-South Climate Cooperation Fund per sostenere le economie più povere e più deboli verso la decarbonizzazione e per la protezione dei territori più esposti agli eventi climatici estremi: i due paesi riconoscono esplicitamente diversi canali per la cooperazione internazionale sui cambiamenti climatici, e  questo è un segnale che può inquadrare la dichiarazione nel nuovo pluralismo delle istituzioni finanziarie per lo sviluppo dopo l’istituzione dell’Asian Infrastructure Investment Bank.

Questo è il contesto destinato a condizionare fortemente la prossima Conferenza di Parigi. Ma questo è anche il contesto che segna la marginalità dell’Italia e dell’Europa.

L’Italia è stata uno dei partner principali che hanno accompagnato la Cina, dalla fine degli anni 90’, nella definizione delle strategie e delle misure sui cambiamenti climatici realizzando anche progetti “simbolo” che rappresentano ancora oggi un riferimento per le azioni concrete di riduzione delle emissioni in Cina. Ora che sarebbe il tempo giusto per raccogliere i risultati, come ha osservato l’Ambasciata cinese a Roma, l’Italia si è dileguata.

E inoltre, forti del nostro lungo partenariato, nel 2011 eravamo riusciti a dare all’Italia la leadership del Centro Europa-Cina sulle energie pulite, finanziato dalla Commissione Europea con l’obiettivo di costituire una piattaforma stabile di cooperazione tecnologica tra Europa e Cina.

Ma all’inizio di quest’anno il Centro Europa-Cina è stato chiuso e gli italiani se ne sono andati.

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