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Popolare di Vicenza e Veneto Banca, tutti i sogni di Zaia

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Raffaele Porrisini apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Ma quale candidatura a premier per il centrodestra, Luca Zaia ha ben altre grane cui pensare in questo momento. A partire dall’inchiesta sulla Popolare di Vicenza che coinvolge pezzi da novanta dell’establishment finanziario e imprenditoriale regionale come il presidente dell’istituto di credito e noto imprenditore del vino, Giovanni Zonin.

Ricordando di essere un piccolo socio sia della Popolare di Vicenza che di Veneto Banca, il governatore domenica scorsa dalle colonne del Gazzettino ha lanciato la sua idea: creare una banca di riferimento regionale, «partendo – ha detto – dall’unione di Veneto Banca e Popolare di Vicenza» che insieme vantano 218 milioni di azioni e 204mila soci.

«Noi oggi», ha scandito Zaia rispondendo al direttore del quotidiano di Venezia, Roberto Papetti, «siamo davanti a uno spartiacque: scegliere se lasciare andare alla deriva il nostro sistema di credito e consegnarlo a qualcuno altro o mantenere una banca di riferimento regionale». Il primo pensiero del presidente è andato alle «migliaia di risparmiatori che pensavano di avere acquistato un bene rifugio, sicuro nel tempo, e si ritrovano invece tra le mani titoli destinati a perdere molto del loro valore». A suo dire, è «inevitabile» l’ingresso in Borsa, dopo la perdita di 2,5 miliardi di euro dovuta ai recenti riallineamenti «decisi autonomamente dalle nostre due popolari».

Insomma, Zaia è convinto che anche alle Popolari debba essere richiesta maggiore trasparenza, e questa passa necessariamente dalla quotazione in Borsa. «L’idea che ci siano quotazioni che si formano fuori da un mercato libero è irrituale e pericolosa. Per questo sono d’accordo con l’ingresso in Borsa delle banche popolari: è necessario che si formi un prezzo in modo trasparente e questo non può avvenire che sul mercato azionario». Per evitare però di risultare troppo d’accordo su questo tema col premier Matteo Renzi, il governatore ha precisato che la riforma dell’esecutivo sulle banche popolari è «violenza» perché «non prevede un percorso di accompagnamento e un atterraggio morbido».

La sostanza del suo ragionamento però non è certo mutata. «Un territorio come il Veneto», ha aggiunto, «non può non pianificare di avere un polo bancario di riferimento. Non è un fatto di identità e di orgoglio, è un’esigenza vitale». Due le condizioni decisive per la fusione tra Popolare Vicenza e Veneto Banca: la «non ostilità di Bankitalia a questo progetto» e «un nucleo di investitori sul territorio che acquistino le azioni in Borsa». Senza dimenticare il ruolo di Banco Popolare, «un player che potrebbe rappresentare un punto di partenza certo».

E proprio sul gruppo creditizio nato anche dalla Popolare di Verona puntano due industriali veneti come gli ex presidenti di Confindustria Padova, Massimo Pavin e Francesco Peghin, pronti a cogliere al balzo l’invito di Zaia. «Oggi c’è proprio bisogno di una grande Popolare, è l’ultimo treno per il Nordest per creare una banca ancora legata al territorio» ha puntualizzato Peghin, ora alla guida della Fondazione Nordest. Gli ha fatto eco Pavin ricordando come «in questi anni di blocco del credito solo le Popolari nel nostro territorio hanno sostenuto le Pmi», per questo «serve un istituto legato al territorio, alle sue imprese, alla sua storia. E che abbia le dimensioni per competere». «Vedo bene il Banco Popolare come apripista», ha chiosato, «è più facile che possa tenere insieme i soggetti una banca già Popolare, è forte, è passata indenne dalla crisi. L’idea di un driver che possa avere lo stesso dna sarebbe positiva, e uscirebbe dalla logica della banca di provincia».

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