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Inside Out, Minions, Hotel Transylvania 2. I cartoon americani e il mercato in Italia

Di Antonio Urrata

Il cinema d’animazione è un settore molto vitale e ricco di numerose suggestioni, di un’incredibile varietà di forme e nuove tecnologie. La sua più grande ricchezza – e forse la sua dannazione – è essere la forma d’arte che maggiormente si collega a pittura e musica.

Si tratta di un panorama in continua evoluzione che, dopo la grande crisi attraversata negli anni Ottanta (che ha colpito persino la Disney), negli ultimi 15 anni ha conosciuto anche in Italia nuove spinte propulsive. Se oggi gli Stati Uniti rimangono i capofila del settore, soprattutto per quanto riguarda la realizzazione in 3D, l’animazione giapponese – anche grazie ai capolavori dello Studio Ghibli – ha raggiunto una straordinaria notorietà internazionale. In Europa è invece ad oggi la Francia a proporre diversi prodotti interessanti, grazie a autori con idee innovative e grafiche originali.

Nel nostro Paese oggi, alla base del cinema di animazione ci sono gli investimenti del Programma MEDIA dell’Unione europea e un sistema co-produzioni a livello europeo che hanno contribuito, a partire dagli anni Novanta, a risvegliare un settore in crisi.

Di certo, se in Italia l’animazione ha da sempre destato l’attenzione di grandi pensatori come Cesare Zavattini, che nel 1961 aveva scritto il soggetto di La lunga calza verde, omaggio al centenario dell’unità d’Italia realizzato dalla Gamma Film, tuttavia si tratta di un settore che non è mai riuscito a trasformarsi in una realtà di rilievo, nonostante il supporto fornito dalla Rai.

La Fondazione Ente dello Spettacolo, di cui mi onoro di essere il Direttore Generale, è una realtà articolata e multimediale, impegnata nella diffusione, promozione e valorizzazione della cultura cinematografica in Italia. In questa sua mission rientra senza dubbio la pubblicazione annuale di Rapporto. Il Mercato e l’Industria del Cinema in Italia, coeditato dal 2014 con la Direzione Generale Cinema del MiBACT, che si occupa di fornire un’istantanea della situazione del settore audiovisivo, analizzando a fondo punti di forza e di debolezza del comparto, a partire dai numeri e dalle statistiche.

Dall’analisi effettuata dalla nostra Area Studi, si evince che l’animazione italiana sta attraversando un periodo di grande fermento creativo. In particolare la produzione autoriale sembra aver ritrovato una nuova linfa grazie alla rivoluzione digitale, che ha trasformato radicalmente modi di produzione e di distribuzione. La relativa accessibilità economica dei nuovi strumenti ha infatti permesso una democratizzazione della produzione, offrendo anche ai più giovani la possibilità di sperimentare tecniche e realizzare le proprie idee. Parallelamente, vorrei sottolineare qui l’importanza del Dipartimento di Animazione del Centro Sperimentale di Cinematografia, che ha sede a Torino dal 2001. Una scuola di formazione tecnico-artistica che da oltre un decennio svolge con impegno il suo ruolo fra ricerca, sperimentazione e produzione di qualità, aprendo la strada a nuovi autori e giovani talenti.

I numeri del settore parlano chiaro. L’animazione, all’interno del sistema audiovisivo, occupa una posizione solida e stabile, potendo contare su un target variegato e su un ciclo vitale quasi inesauribile che consente uno sfruttamento in termini di diritti quasi 10 volte superiore alle altre opere cinematografiche. A queste considerazioni fa eco l’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo che ha dedicato il suo ultimo studio alla distribuzione dell’animazione nelle sale e sul circuito televisivo. Certamente, il dominio del cartoon, in primis americano, sembra indiscusso, soprattutto in sala – e i numeri di Inside Out e I Minions ne sono la prova. Dopo quattro settimane, infatti, secondo i dati del box office del 12 ottobre 2015, Inside Out non è più al vertice della classifica, sostituito da un altro film d’animazione, Hotel Transylvania 2, che ha incassato nel primo weekend di programmazione oltre 3 milioni di euro. L’altro fenomeno della stagione, I Minions, resiste al nono posto, con un totale di oltre 23 milioni di euro di incasso. Se si considera la produzione italiana, invece, appare evidente quanto, accanto a quella di tanti altri Paesi europei come Francia e Germania, sembri ancora troppo limitata. Il 2014 ha infatti visto solo 3 lungometraggi d’animazione di produzione italiana arrivare sul grande schermo: Winx Club – Il mistero degli abissi, Cuccioli – Il Codice Marco Polo e Cuccioli – Il paese del vento. Dati che migliorano, ma non in maniera considerevole, se si analizza l’home video. Di certo oggi la situazione si sta trasformando anche grazie a nuove realtà che si impegnano a coniugare l’home made più radicale – realizzato da zero e manualmente –, con la nostra tradizione e con progetti di allestimento di assoluto pregio, senza arrendersi dinanzi alle difficoltà produttive e inseguendo progetti di grande valore artistico anche se poco commerciali.

Se si considera l’ampiezza del budget richiesto dalla produzione di un lungometraggio d’animazione, appare naturale che la maggior parte degli autori si rivolga alla forma del cortometraggio, anche come “palestra” per misurare contenuti e tecnologie. D’altra parte, però, vista la mancanza di distribuzione theatrical della maggior parte dei corti, la difficoltà maggiore con cui ci si scontra è quella di recuperare il materiale audiovisivo, spesso visibile soltanto nei festival specializzati o in piccole rassegne.

Analizzando il mondo del corto, come abbiamo deciso di fare inaugurando, ancora insieme alla DG del MiBACT, una nuova collana editoriale, “I Quaderni di Cineconomy” – nata sulla spinta propulsiva del nostro portale Cineconomy.com, interamente dedicato al monitoraggio e all’approfondimento giornaliero degli aspetti economico-finanziari, legislativi e produttivi che riguardano l’intera industria cinematografica italiana ma anche internazionale –, abbiamo un quadro chiaro della situazione nel nostro Paese. Quella che emerge dal quadro è un’industria audiovisiva vitale e in fermento, ricca di titoli, cui però non corrispondono delle istanze di investimento in grado di sostenerla.

Forse l’animazione avrebbe bisogno di un supporto più articolato da parte dello Stato come delle film commission, dal momento che si tratta di un genere non solo di puro intrattenimento, ma che riveste anche un importante e centrale ruolo educativo. Nei più giovani come negli adulti. La Fondazione Ente dello Spettacolo – che fa del settore Educational uno dei suoi punti di forza – è convinta del fatto che i più giovani debbano essere avvicinati al cinema e aiutati a trovare la propria strada. In questa direzione si muove la nostra divisione Factory, destinata a supportare i giovani cineasti, con il suo Laboratorio di Filmmaking, aperto ai ragazzi dai 18 ai 30 anni: un vero e proprio corso pratico di regia, scrittura, montaggio e fotografia, durante il quale i giovani registi hanno la possibilità di realizzare un cortometraggio. E forse ci sarebbe bisogno di un numero sempre maggiore di iniziative del genere.

Sebbene dall’esterno le professionalità legate al mondo cinema vengono legate in maniera preponderante alla critica, la Fondazione Ente dello Spettacolo è convinta che il settore sia multiforme e complesso. Composto di diverse realtà e professionalità spesso lasciate nell’ombra. Per far funzionare la macchina-cinema, infatti, c’è bisogno di formazione e informazione. I giovani devono essere accompagnati nel loro percorso – dalla fruizione alla formazione – e dotati di strumenti lavorativi. La Factory della Fondazione nasce con questo scopo. Quello di lanciare i nuovi talenti nel mondo del lavoro, aiutarli a formare una propria professionalità creando possibilità di incontro e confronto.

A questo proposito, il 19 ottobre alle ore 10.30, nella cornice della Festa del Cinema di Roma, la Fondazione Ente dello Spettacolo presenterà il Rapporto Giovani realizzato dall’Istituto Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo. Lo studio, incentrato su giovani e spettacolo, presta particolare attenzione a cinema, distribuzione e fruizione, rendendosi uno strumento imprescindibile per sostenerci nel difficile percorso della formazione professionale.

Antonio Urrata, Direttore Generale Fondazione Ente dello Spettacolo



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