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Monti ha tutti i diritti politici, compreso ovviamente quello di entrare nel cuore di una disputa elettorale che si annuncia – uso un eufemismo – particolarmente vivace. Non sta a noi offrirgli consigli, né esercitare pressioni, né impetrare benedizioni. Tantomeno mettergli paletti. Detto questo, non penso che il premier abbia interesse a chiamare a raccolta una parte, solo una parte, del suo schieramento sotto uno stendardo elettorale.
Alcuni lo vorrebbero in campo come moltiplicatore di consensi fino ad ora non propriamente esaltanti. Altri come una personale zattera di salvataggio. Tutte cose che non destano scandalo, sia chiaro. Ma che non rappresentano neppure quell’arco di trionfo sotto cui il premier può passare tra rulli di tamburi e sventolio di bandiere. Personalmente penso che l’Italia abbia verso Monti un debito maggiore di quello che si ripaga con il bottino delle urne.
Egli ha rappresentato, e rappresenta, il nostro più serio tentativo di uscire dalla crisi in nome di uno spirito civico che troppe volte ci ha fatto difetto. Per questo lo vedrei meglio sopra la contesa che nel mezzo della tempesta. L’agenda Monti, secondo me, appartiene anche a noi. Se magari lo diciamo più chiaro, in queste ore aiutiamo anche lui.