Le start-up tecnologiche e innovative sono in aumento. Così riferisce l’osservatorio Pni Cube. Sono in aumento e di molto pure: +47% rispetto allo stesso periodo (Gennaio – Settembre) dell’anno precedente. Candido è vivo, ed è in mezzo a noi.
Avviare una start-up “innovativa” non è un’operazione che ha corrispondenza diretta sul miglioramento delle condizioni di vita e di benessere del neo startuppista. Anzi il giovane startupper, nel momento in cui avvia la nuova iniziativa, accetta di vivere un periodo più o meno lungo lavorando più ore al giorno (per non dire giorno e notte) guadagnando meno.
È, pertanto, tutta una retorica vuota quella delle percentuali. + 47% di start-up. Perché 2400 nuove start-up innovative, che alla prova dei numeri, si traduce in – al massimo – tre, quattro mila nuovi occupati “precari” (sempre che l’aggettivo si possa ancora usare senza infastidire il mainstream), non concorrono allo stabilizzarsi di altrettante aziende. In un paese come il nostro, infatti, dove non ci sono capitali di rischio, è estremamente difficile che si sviluppino iniziative di prodotto che hanno necessità di capitali importanti nella parte iniziale della loro vita.
Non a caso Francesco Profumo, ora presidente Iren, ex rettore del Politecnico di Torino che conosce bene le dinamiche di un incubatore come i3p, l’incubatore delle imprese innovative del politecnico appunto, mette in guardia su di una critica lettura dei numeri e sui facili proclami.
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