Non potrebbero essere più diversi i commenti sul viaggio in Cina che Angela Merkel ha cominciato ieri. Secondo il canale Deutsche Welle c’è grande apprensione tra gli imprenditori tedeschi che fanno affari con la Cina. Al brusco arresto della crescita della seconda potenza economica mondiale (per il terzo semestre si è registrato un 6,9 per cento, “una caduta mai prima registrata”, commenta la DW) è seguita, nel primo semestre di quest’anno, anche una contrazione del 12 per cento del volume di affari con la Germania, come evince dalle statistiche di Eurostat.
Non condivide la preoccupazione l’economista Shen Ling, il quale nell’intervista alla DW sottolinea che si tratta di una “decrescita fisiologica”, che un tasso di crescita del 6,9 per cento “rimane comunque eccellente nel confronto mondiale”. A parte il fatto che, concludendo l’economista “il rallentamento schiude nuove opportunità per l’economia tedesca”.
La Cina si trova, infatti, in un momento di passaggio da pura economia industriale a economia dei servizi. Di tutt’altro tono, rispetto alla DW, è l’articolo del quotidiano Frankfurter Allgemeine. Secondo lo stesso, i diciotto capitani di industria che accompagnano Merkel non si mostrano particolarmente allarmati. Il 30 per cento del commercio cinese verso il Vecchio continente è destinato alla Germania e, contraddicendo nuovamente la DW, il volume commerciale dovrebbe continuare a crescere e superare il valore di 154 miliardi di euro dell’anno scorso. Sono oltre 5000 mila le aziende tedesche che hanno filiali o comunque rapporti stretti con il colosso asiatico.
Nella delegazione che è al seguito di Merkel, il cui ruolo è principalmente quello di un “intermediario commerciale” – spiega il quotidiano di Francoforte –, ci sono i rappresentanti dei più importanti rami produttivi tedeschi: industria meccanica, elettrica, automobilistica e del settore finanziario. Ci sarà anche il nuovo ceo della Volkswagen, Matthias Müller. Anche lui non eccessivamente preoccupato: in Cina il diesel è molto meno diffuso e dunque lo scandalo delle emissioni truccate meno dirompente. Anche la Süddeutsche Zeitung annota che dalla Cina dovranno essere tornare appena 1950 macchine, un’inezia in confronto al totale di 11 milioni di vetture da richiamare. Certo, solo un anno fa, ad accompagnare Merkel c’era l’allora ceo di VW Martin Winterkorn e la Kanzlerin, dopo aver fatto tappa a Pechino, aveva proseguito per Chengdu, capoluogo della provincia di Sichuan. Lì, alla sua presenza, si inaugurava il nuovo stabilimento della VW. Per questo, secondo il quotidiano di Monaco, questa tre giorni cinese ha come scopo primario quello di ripulire l’immagine della casa automobilistica. Wolfsburg detiene pur sempre il 19 per cento del mercato automobilistico cinese, che a sua volta contribuisce a un terzo del fatturato della VW.
Come durante ogni suo viaggio in Cina, Merkel farà tappa anche in una città di rilevanza industriale: questa volta tocca a Hefei, capoluogo della provincia di Anhui. Hefei è un importante centro di produzione tessile, automobilistico, dell’acciaio e chimico. I dettagli sugli accordi commerciali che si vorrebbero chiudere durante l’ultimo giorno non sono stati ancora resi noti. Solo uno, e probabilmente il più prestigioso, è trapelato: l’accordo tra la Borsa di Francoforte e quella di Shangai. E se si vuole interpretare i segni, allora il viaggio dovrebbe compiersi sotto una buona stella. Da lunedì il Comitato centrale sta, infatti, dibattendo il nuovo piano quinquennale (fino al 2020).
Non saranno però solo le relazioni commerciali a dominare la visita della Kanzlerin. Dalla Cina ci si attende, così si legge sulla website Tagesschau del canale pubblico Ard, anche un ruolo più assertivo nei confronti della Russia riguardo ai suoi interventi militari in Siria. E anche in Afghanistan e Pakistan o potrebbe svolgere un ruolo di pacificazione. Un ruolo di intermediazione che Pechino ha già assolto nelle trattative per l’accordo sul nucleare con l’Iran.
Infine i Reporter senza frontiere hanno chiesto a Merkel di non parlare solo genericamente del rispetto dei diritti umani e della libertà di parola, ma di chiedere espressamente la liberazione della giornalista Gao Yu e del premio Nobel per la Pace Liu Xiaobe.