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Perché l’ultima sortita della Fed mi lascia perplesso

Il buon viso dell’azionario, in particolare statunitense, alla chiara indicazione che a dicembre un rialzo dei Fed Funds è assolutamente sul tavolo, sembra dovuto a 2 concause:
1) l’impatto sul sentiment globale dell’ottimismo della Fed;

2) alcuni dubbi che il contesto macroeconomico permetta alla Banca Centrale americana di dar seguito ai suoi propositi, dubbi evidenziati dalla circostanza che la probabilità  di un rialzo è salita dal 32% solo al 50%;

Personalmente, non sono rimasto impressionato positivamente quanto il mercato dalla performance del FOMC. Alcune delle novità emerse dallo statement mi lasciano perplesso:
– Passi per il mantenimento dell’espansione a “moderate pace” dell’attività, che ci può stare. Ma alla luce delle ultime retail sales e durable goods, la notazione che la spesa per consumi e gli investimenti fissi continuano a crescere a ritmi “solidi” è un po’ un atto di fede. E’ assolutamente possibile che si tratti di un rallentamento temporaneo, ma per il momento mancano le evidenze.
– La notazione sulla possibilità che gli sviluppi finanziari ed economici globali possono ostacolare la crescita e pesare sullo scenario inflattivo è scomparsa nello spazio di un meeting. Un atteggiamento un po’ volubile che alimenta l’incertezza circa la funzione di reazione della Fed.

A parte ciò, lega troppo la stance monetaria alla price action sui mercati, che costituisce la vera essenza del cambiamento avvenuto nelle ultime settimane. Per il resto, la Cina ha mostrato segnali di stabilizzazione ma gli altri Emergenti restano immersi nei problemi che certo non potevano scomparire in qualche settimana. Parte del miglioramento della price action si deve proprio al rinvio del rialzo da parte della Fed a settembre. Le accuse alla Fed di essere ostaggio dei mercati trovano qui una parziale conferma.

– La decisione di menzionare esplicitamente il prossimo meeting come potenziale sede di un’azione sembra volta a costringere i mercati a prezzare tale azione. Ma in 6/7 settimane è davvero possibile che si manifesti un significativo progresso verso i target di occupazione e inflazione? E come la mettiamo coi mercati? Se fanno di nuovo le bizze?

In generale non mi pare che l’ultimo comunicato abbia migliorato granché la situazione sulla comunicazione della Fed. Certo, in passato si è a lungo parlato del fatto che comunicazioni o guidance troppo esplicite da parte delle banche centrali, che rendano eccessivamente prevedibili le stance monetarie, possono condurre ad eccessivi accumuli di rischio in portafoglio, che in seguito alimentano volatilità. Ma, in questo caso, non mi pare un qualcosa di voluto.

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