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Che succede in Portogallo?

Per i politici, il problema principale della democrazia è che a volte gli elettori “sbagliano” e votano come vogliono loro. La questione è d’attualità in Portogallo, dove per la prima volta uno Stato membro dell’Ue ha esplicitamente deciso di ignorare il risultato delle urne nel nome dell’interesse nazionale e del quieto vivere con Bruxelles.

Il presidente portoghese, Aníbal Cavaco Silva, ha rifiutato di chiamare una coalizione socialista/comunista alla formazione di un nuovo governo, pur avendo ottenuto la maggioranza del voto (il 50,7%) nelle recenti elezioni nel Paese. Spiegando che “questo è il momento peggiore possibile per un cambiamento radicale alle basi della nostra democrazia”, ha invece dato la delega per formare l’esecutivo alla coalizione conservatrice perdente – scesa al 38,5% del voto, cedendo 28 seggi – esplicitamente per via dell’orientamento fortemente euroscettico della formazione vittoriosa, che vuole lasciare l’euro per tornare all’escudo e respinge i richiami di Bruxelles all’austerità. “Abbiamo condotto in porto un oneroso programma di riassetto finanziario che ha richiesto grandi sacrifici – ha detto Cavaco Silva – Il mio dovere, coerentemente con i miei poteri costituzionali, è di fare tutto il possibile per evitare che si trasmettano falsi segnali alle istituzioni finanziarie, agli investitori e ai mercati”. Il leader socialista, Antonio Costa, ha prevedibilmente tuonato che: “L’usurpazione dei poteri esclusivi del Parlamento è inaccettabile!” e ha detto che il nuovo governo conservatore, minoritario, incontrerà un’immediata mozione di sfiducia.

Per la legge elettorale portoghese, non si potranno indire nuove elezioni prima della seconda metà del 2016. È reale dunque il rischio di una lunga paralisi legislativa. Il Portogallo è un Paese calmo e per ora la potenziale crisi costituzionale non pare abbia provocato grande agitazione. Si vedrà come va a finire. Questo tipo di impasse doveva comunque saltare fuori da qualche parte, specialmente ora che sembra passata la fase più acuta della crisi economica. Quando si chiede agli elettori di esprimere la propria opinione, esiste sempre il rischio che lo facciano e che a un certo punto si stufano di vivere male nell’interesse di un’incerta ideale europea e della felicità degli investitori esteri. Il problema è quello illustrato dalle pesanti azioni dell’Ue per frenare i bollori della riottosa Grecia.

L’Unione non ha esitato a mandare in miseria un’intera popolazione “pour encourager les autres”, cioè, per “motivare” gli altri Stati dubbiosi della sua ricetta economica. Il riferimento di Voltaire era al presunto uso della Marina inglese di fucilare un ammiraglio ogni tanto per educare i pari grado ai propri doveri… Cavaco Silva appare – almeno a parole – temere tanto la vendetta di Bruxelles da essere disposto a sospendere la normale prassi democratica pur di non attirare sul suo Paese la stessa fine greca.

Da parte sua, anche Bruxelles sembra rinnovare l’avvertimento che la democrazia non deve diventare un ostacolo ai propri progetti. Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo- i Ministri della Finanza dei 19 paesi Ue che hanno adottato la moneta unica – nonché Presidente dell’ESM (European Stability Mechanism) ha detto: “La situazione economica e finanziaria non cambia in una notte con un’elezione”, aggiungendo che, “la democrazia non porta sempre stabilità”.


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