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Il climate change esiste oppure no?

climate change

La consapevolezza che tra il clima e l’uomo ci siano state, e sussistano ancora, delle questioni irrisolte e potenzialmente dannose per la sostenibilità della vita sulla terra, è in aumento. Crescono anche le preoccupazioni legate alla sicurezza e alle eco-migrazioni. Michael Werz del Center for american progress scrive sul mensile Formiche: “In questo secolo sono almento 250 milioni gli africani destinati a soffrire per l’insicurezza alimentare e idrica e tre quarti della terra coltivabile del Sahel sarà seriamente danneggiata dal climate change. E’ chiaro che il deterioramento delle condizioni ambientali contribuisce in modo decisivo nella scelta di emigrare: si tratta in fondo di un antico meccanismo umano di adattamento”.

Sul cambiamento climatico si è svolto alla Luiss un incontro che ha visto a confronto Stefania Proietti, vicepresidente della Fondazione Sorella Natura, Grazia Francescato di Greenaccord, Mariagrazia Midulla di WWF Italia e Marcello Di Paola, docente della Luiss ed esperto di questioni etiche e politiche globali.

Ma il problema quando si parla di cambiamento climatico, come ricordato da Marcello Di Paola, è che esistono ancora una serie di difficoltà che ostacolano la concretizzazione di un’azione individuale e collettiva. Molti commentatori fanno forza sull’incertezza e variabilità del dato scientifico per far finta che il problema non esista. La contrapposizione paese-ricco-inquinatore/paese-povero-vittima è ormai elemento di blocco in sede di negoziati. Infine, la dinamicità e frammentazione del climate change produce una sorta di impunità e difficoltà ad attribuire la responsabilità.

Tuttavia alcuni dati scientifici riportano per il 2015 la presenza record di CO2 nell’atmosfera. Secondo l’ultima rilevazione della National Oceanic and Atmospheric Administration (settembre 2015) si parla di 400,95 parti per milione, con un trend in continua crescita.

In questa situazione un ruolo importante per svegliare le coscienze e determinare un cambio di passo verso la tutela ambientale e del genere umano può essere svolto dalle religioni. Grazia Fracescato parla dell’Enciclica di Papa Francesco definendola come “Uno dei pochi documenti che collega la lotta alla povertà alla lotta al cambiamento climatico”. Di recente anche il Dalai Lama si è pronunciato sul tema richiamando l’attenzione dei leader mondiali sulla necessità di proteggere la terra, la nostra unica casa.

Mariagrazia Midulla ricorda le nostre responsabilità a Parigi: “I paesi industrializzati hanno perso venti anni senza fare molto. Tutte le misure individuate devono essere eque non solo a livello internazionale ma anche a livello interno. In India, ad esempio, esiste una differenza tra la parte ricca della società che produce inquinamento e una larga porzione della popolazione che non ha neanche accesso all’elettricità. Abbiamo anche la necessità di avere delle istituzioni globali che garantiscano forme di rappresentazione democratica. Come WWF abbiamo una posizione nelle organizzazioni internazionali, ma partecipiamo al dibattito senza un ruolo, come vittime moralizzatrici di quello che sta accadendo. La grande scommessa, soprattutto per i paesi più vulnerabili sarà quella di garantire dei finanziamenti per portare avanti delle attività di mitigazione e adattamento”.

Tema controverso quello del prezzo del carbonio su cui si stanno muovendo le istituzioni della finanza mondiale come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Stefania Proietti considera il tema economico come dirimente nella questione degli accordi ma afferma che: “Se il prezzo del carbonio dovesse assumere un valore anche nelle transazioni commerciali è chiaro potrebbe diventare un disincentivo.

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