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È morta Carlotta Guareschi, figlia del grande inventore di Don Camillo e Peppone

La figlia di Giovanni Guareschi (1908-1968), Carlotta, è morta lo scorso 25 ottobre a Roncole Verdi, in provincia di Parma, all’età di 72 anni. Lascia il fratello, Alberto, con cui si è impegnata negli ultimi trent’anni a far conoscere e a tenere viva la memoria del padre.

Giovannino Guareschi è noto al grande pubblico soprattutto per aver dato vita alla “coppia” di Peppone e don Camillo, portata con fortuna sullo schermo da Gino Cervi e Fernandel. Molto conosciuti della produzione guareschiana sono anche i racconti della sua vita familiare, dove Carlotta è raccontata come la “Pasionaria”.

IL PADRE IN CAMPO DI CONCENTRAMENTO

Il papà Carlotta l’aveva potuto conoscere solo all’età di due anni, perché era venuta alla luce mentre Guareschi si trovava nei campi di internamento allestiti dall’esercito tedesco per i militari italiani non collaborazionisti (cioè gli Internati Militari Italiani-IMI). Più volte al giovane tenente Guareschi, che già in quel periodo era considerato un giornalista-scrittore di grande successo, era stato rivolto l’invito di tornare a casa, a patto, però, di mettersi a disposizione delle autorità nazionalsocialiste. Il rifiuto di Giovannino comportò l’incontro tardivo tra papà e figlia.

Anche nella drammatica situazione vissuta nel campo di concentramento polacco, l’umorista emiliano non perse «la sua salda fede cattolica né la sua innata voglia di vivere: è in quegli stessi mesi infatti che conia il famoso ossimoro, poi divenuto celebre, “non muoio neanche se mi ammazzano!” (episodio riportato nell’autobiografia ufficiale, pubblicata postuma nel 1993, “Chi sogna nuovi gerani? Autobiografia”). Né questa scelta di campo lo potrebbe collocare tra i simpatizzanti delle forze alleate, tutt’altro: «mi sono abituato a dire ‘no’ ai tedeschi, continuerò a dirlo agli alleati”, affermerà una volta tornato in Italia» (Omar Ebrahime, Giovannino Guareschi, una vita italiana, in Aa.Vv., Le serate di San Pietroburgo, oggi, Edizioni Solfanelli, Chieti 2014, p. 32).

Guareschi del resto è stato durante tutta la sua vita un uomo integro, potremmo dire intransigente, e la sua forte moralità poco poteva avere a che fare con il carattere e la mentalità  di buona parte della classe dirigente del dopoguerra, abituata al compromesso ed a schivare ogni conflitto.

GUARESCHI, UNA VITA CONTRASTATA

Ma anche più avanti, quando ormai l’Italia politica inaugurava la stagione del centrosinistra e quella culturale iniziava a diffondere i primi virus ideologici di quello che sarebbe stato il Sessantotto, Guareschi subirà un’altra umiliazione. Infatti, la rivista “Oggi”, allora uno dei settimanali popolari più diffusi, «gli rifiuterà la pubblicazione di un racconto antiabortista dal titolo “L’embrione”, temendo di incorrere nella ire della magistratura militante che lo scrittore emiliano prendeva di mira. Morì poco tempo, dopo lasciando un vuoto incolmabile, a causa di un improvviso attacco cardiaco, in quel di Cervia, il 22 luglio 1968» (O. Ebrahime, Giovannino Guareschi, una vita italiana, in op. cit., p. 34).

Carlotta è rimasta sempre fedele all’Italia pulita che dopo il Sessantotto non rimarrà quasi più, quella cioè cresciuta con il culto della famiglia, della vita, del lavoro. Ma ha avuto un ruolo molto importante per la rinascita di quest’Italia. Fondamentale, da questo punto di visto, è stata la collaborazione prestata alla catalogazione, per conto della Provincia di Parma, dei documenti dell’archivio di Giovanni Guareschi. Anche grazie al suo lavoro, infatti, la Regione Lombardia ha finanziato una preziosa raccolta, anche digitalizzata, di un prezioso archivio indispensabile per conoscere la vita e la testimonianza culturale e politica dello scrittore emiliano. Parlo della documentazione di Alessandro Minardi (1908-1988), caporedattore del settimanale “Candido” dal 1952 e, dal 1957, condirettore. L’archivio del settimanale satirico, come mi scrisse qualche anno fa’ Carlotta, «da quella data in poi, lo ha tenuto lui, tanto da riuscire ad accumulare oltre ai documenti un paio di migliaia di disegni dei vari collaboratori (la massima parte di nostro padre…) che ha lasciato in eredità ai due figli. Uno dei due figli, Maurizio Minardi, ha venduto anni fa la sua parte di disegni e documenti alla Regione Lombardia che ha affidato il Fondo Minardi alla Fondazione Mondadori. […] Noi abbiamo collaborato con molta soddisfazione con la Fondazione Mondadori trovando la massima disponibilità e precisione» (Lettera di Carlotta Guareschi, Roncole Verdi, 16 ottobre 2006).

ANCORA “MONDO PICCOLO”

Giovannino Guareschi è stato un grande scrittore, nella cui opera si descrive con tocco di vero artista la grande saga familiare e paesana del Novecento italiano, che sembra preistoria ma che non di rado suscita tanta malinconia. Una realtà, quel microcosmo che lo scrittore definiva il “Mondo Piccolo”, nel quale si riflettono i profondi drammi civili e politici dello scorso secolo così come le vicende eterne del vivere umano: l’amore, l’amicizia, la fedeltà e il tradimento, la rabbia, il rapporto tra le generazioni, la morte. Guareschi era uno che passava per umorista, e che paradossalmente fu invece uno degli italiani più seri mai esistiti. Vale la pena tenerlo ancora presente.

Martedì scorso, 27 ottobre, la famiglia e la comunità locale hanno reso l’ultimo omaggio a Carlotta che, a Roncole Verdi, riposerà accanto al papà. Di seguito riportiamo il  brevissimo «Corrierino» che la figlia di Alberto Guareschi, Maddalena, ha letto al termine della cerimonia funebre come saluto alla “Zia Rigi” (il testo è apparso originariamente sul settimanale “Candido”, n. 48, del 27 novembre 1949).

«Io ti salverò»

Mi piace andare a spasso con la Pasionaria perché, aggiungendo all’esperienza dei suoi sei anni la fresca ingenuità dei miei quaranta, si arriva quasi sempre a combinare delle conversazioni interessanti.

L’altra mattina pioveva, e pioveva come piove a Milano d’autunno e io e la Pasionaria, quando le gocce rimasero sospese in aria, andammo a spasso. Girammo fin verso il mezzo-dì, poi, passando davanti a una pasticceria, la Pasionaria mi tirò la manica.

«Bisognerà pensare a quella là» disse. «Comprale qualcosina altrimenti poi fa il muso lungo.»

Riconobbi che la Pasionaria aveva non una ma mille ragioni.

«Eh già» sospirò «quando si hanno delle mamme bisogna pensarci.»

Quando uscimmo col pacchettino dei dolci per Margherita accadde davanti ai nostri oc-chi uno dei più banali fatterelli di cronaca: sul marciapiede di fronte, dall’altra parte della strada, passò un ometto che scivolò e, cadendo all’indietro, picchiò la nuca sullo spigolo del marciapiede e rimase lì, in mezzo al fango, secco come un chiodo, con gli occhi sbarrati.

Aveva tra le mani un fagottino con del pane e il pane si sparse per terra.

Passava un tassì: lo caricarono sulla macchina e lo spedirono all’ospedale e per terra ri-masero una macchiolina di sangue e il pane. Riprendemmo la nostra strada.

«Era andato a comprare il pane e adesso loro lo aspettano a casa» disse la Pasionaria. «Lo aspettano e lui non viene. E il pane è dentro la pozzanghera.»

Io non sapevo cosa rispondere e cercai di cambiare discorso.

«Chi è?» domandò la Pasionaria.

«Non si sa» risposi. «È uno che passava per la strada. Nessuno lo conosce: Milano è grande e basta che uno cambi bottega e subito nessuno lo conosce più.»

Camminammo in fretta, ma la Pasionaria era rimasta col pensiero là all’angolo.

«E intanto loro aspettano che torni col pane e lui non viene.»

«Verrà più tardi!» risposi. «Adesso gli danno un po’ di medicina, lui riprende le forze e poi monta in tram e torna a casa.»

La Pasionaria non disse niente ma si capiva che non ci credeva.

Rincasammo e Margherita stava apparecchiando la tavola.

«Giovannino» disse «ho dimenticato di prendere il pane: fa’ una corsa giù.»

Io mi avviai verso la porta, ma la Pasionaria mi sbarrò il passo.

«Vado me!» disse con voce ferma. «Io non casco e poi, anche se casco, me mi conoscono tutti»

Si incamminò decisa ma, nonostante si trascinasse dietro una sporta più grossa di lei, era così fiera che pareva Anita Garibaldi a cavallo.

E io mi sentii protetto.

Giovannino Guareschi



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