Se uno scienziato ammettesse in pubblico di non conoscere Dante o Leopardi, farebbe (giustamente) una figuraccia. Se invece un letterato ammettesse di non conoscere Einstein o Heisenberg, verrebbe subito (colpevolmente) scusato. Forse anche perché la maggioranza di quel pubblico ignora completamente la relatività o il principio di indeterminazione.
Del resto, salvo rare eccezioni nelle nostre scuole si studia ancora la fisica di fine Ottocento. Infatti, molti dei nostri giovani non sanno che i tablet e gli smartphone di cui sono consumatori compulsivi derivano da applicazioni della meccanica quantistica.
Nonostante ciò, come sottolinea su la Repubblica di oggi un documentato articolo di Silvia Bencivelli, abbiamo migliaia di star della ricerca scientifica che lavorano nei laboratori e nelle università di tutto il mondo. Non nel Belpaese, appunto, ma all’estero. In ogni caso, il fenomeno ha un che di miracoloso.
Vengo al dunque. Renzi ha annunciato che nella Legge di stabilità il bonus di cinquecento euro già previsto per i docenti sarà esteso ai neomaggiorenni l’anno prossimo, affinché lo possano spendere in “teatri, musei concerti e cultura”. In verità, stando a una ricerca di Skuola.net non sembra che l’idea abbia entusiasmato i diretti interessati. I più l’hanno giudicata come una “paghetta” di tipo elettorale.
Sono tra coloro che considerano quella misura, al contrario, non priva di qualche positivo significato simbolico. Con questo spirito, il premier mi consenta un piccolo suggerimento.
Inviti tutti gli insegnanti e i neodiciottenni fruitori del bonus (dovrebbero essere circa 550mila), a investirne una modestissima quota nell’acquisto di buoni testi che spieghino, con chiarezza e semplicità, la rivoluzione scientifica che nel Novecento ha cambiato la visione del mondo e il mondo stesso, aprendo le porte alle innovazioni tecnologiche che conosciamo.
Penso, per fare un esempio, al volumetto di Carlo Rovelli, “Sette brevi lezioni di fisica” (Adelphi, 2014). Uno straordinario successo editoriale, il quale dimostra che l’élite dei curiosi che la sera non leggono a letto solo Kant, come fa Umberto Eco, è più vasta di quanto immaginiamo.
Un presidente del Consiglio – per giunta proveniente da una città culla dell’Umanesimo – che contribuisse ad ampliarla ulteriormente, potrebbe vantarsi di aver inferto un duro colpo all’Italia dei retori, dei chiacchieroni, degli impostori intellettuali, dei profeti di sventure, dei falsi moralisti che calcano il palcoscenico nazionale.