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L’avanzata dell’Islam politico con Barack

Barack Obama ha riconosciuto ieri come “rappresentante legittimo dell’opposizione al regime di Assad” la nuova Coalizione nazionale delle forze della rivoluzione. Subito dopo ha fatto lo stesso la conferenza del gruppo Amici del popolo siriano. Una scelta politica che ha acceso le tensioni con la Russia, che considera l’annuncio una decisione sbagliata da parte degli Stati Uniti perché ignora il principio di “dialogo tra le parti” dell’Accordo di Ginevra.

“Abbiamo deciso che la Coalizione dell’opposizione siriana è abbastanza inclusiva e rappresentativa. È il riflesso della popolazione siriana, per cui la consideriamo rappresentante legittimo del popolo siriano che è contro il regime di Assad”, ha detto Obama in un’intervista alla catena americana Abc. Il presidente americano ha detto di essere consapevole che contro il regime siriano lottano anche gli jihadisti, islamisti radicali che rimarranno al margine di qualsiasi trattativa.

La mossa di Obama, che arriva dopo le critiche su una politica debole nella vicenda siriana, sembra essere una nuova strategia per fare pressione contro Assad. L’appoggio politico e morale degli Stati Uniti verso i ribelli c’è, ma quello economico e militare?

Con l’appoggio dell’Occidente, l’Arabia saudita, il Qatar e la Turchia sono i principali promotori della guerra contro Assad. In una conversazione con Formiche.net, Vittorio Emanuele Parsi, professore di Relazioni internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore, spiega che in questo quadro regionale la politica estera mediorientale degli Stati Uniti si basa su una politica triangolare: sostengono Israele e allo stesso tempo i Paesi arabi (Arabia saudita, Qatar e Turchia) perché entrambi condividono un unico nemico, l’Iran. “Fino adesso la battaglia può giocarsi su due fronti, ma se scompare la minaccia iraniana gli Usa dovranno prendere una posizione netta”, ha detto Parsi.

L’Islam politico nel centro dell’Asia
L’espansione dell’Islam come forza politica negli Stati mediorientali è incontenibile. Parsi sostiene che la Primavera araba in Egitto ha messo in evidenza la possibilità di cambiare la struttura istituzionale di un Paese, combattere regimi totalitaristi grazie alla volontà sociale. E questo fenomeno avrà sicuramente repliche.

Secondo Evgueni Sanatovski, presidente dell’Istituto Oriente Prossimo, ci sono molte possibilità che la rinascita dell’Islam politico arrivi in Uzbekistan e in Kazakistan. In un’intervista al giornale Russia Beyond The Headlines, Sanatovski dice sono alte le probabilità che in questi Paesi ci sia una “Primavera centroasiatica durante il prossimo cambio generazionale dell’antica classe dirigente. Per questo potranno essere usati i campi di operazione territoriale di Kirghizistan e Tagikistan.



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