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Una rivoluzione fiscale passiva?

È comprensibile l’imbarazzo mostrato ieri da Renzi nel commentare i timidi e contraddittori dati ISTAT sull’occupazione e quelli del Ministero dell’economia e finanze sulla crescita; dati che sono contrastanti con quanto sta realmente avvenendo nelle nostre città, dove la chiusura dei negozi continua incessante e la disaffezione della gente é generalizzata e  diffusa.

Un caro amico commercialista e diversi altri professionisti mi confidano le loro stesse difficoltà, non solo a incassare quanto a loro dovuto dai clienti, ma la sofferenza patita nel dover assistere società e piccole medie aziende sull’orlo del fallimento e prive di cassa.

Se agli inizi degli anni’80, nelle fascia pedemontana del Nord, la Lega di Bossi poté affermarsi sulla base di una rivoluzione fiscale attiva ( “ basta con Roma ladrona”) per l’intervenuta rottura del patto con la DC e i partiti del centro-sinistra ( “ non vi opprimo con la tassazione in cambio del voto”), oggi corriamo il rischio di una rivoluzione fiscale passiva per impotenza o incapacità reale dei terzo stato produttivo di corrispondere a vessatori impegni fiscali che lo opprimono oltre il 50% delle proprie entrate.

Se il terzo stato produttivo non ce la fa più a produrre ricchezza per mantenere gli altri  tre stati (casta, diversamente tutelati e quarto Non stato, nelle loro diversificate sottoclassi) nella migliore delle ipotesi avremo una rivoluzione fiscale passiva per incapacità di far fronte agli obblighi fiscali insostenibili, nella peggiore  una rivolta sociale cruenta.

In entrambi i casi assisteremo al crollo della repubblica già pesantemente sgarruppata da scelte istituzionali e politiche folli che hanno ridotto la sovranità popolare a pura giaculatoria liturgica (vedi conclusioni del tavolo di lavoro stati generali della difesa della sovranità popolare- Paolo Maddalena docet)

Viviamo una reale condizione di rottura del sistema e alla vigilia di una possibile rivolta sociale. Ora la protesta si polarizza sul M5S, con un 50 % che si limita a non giocare, ma poi?

Serve una nuova politica economica e un ripensamento organico della costruzione europea giunta a un punto morto inferiore e che, distrutta la sovranità popolare nazionale, non ha saputo garantirla a un livello più elevato e partecipato, quello europeo. Di fatto abbiamo costruito un ircocervo iper-burocratico che ci ha spogliato del potere fondamentale sulla moneta senza offrirci contropartite che non siano i gravi costi sociali conseguenti alle politiche del rigore basate sulle illegittime prescrizioni dei fiscal compact (denunciate dal prof Guarino) e del pareggio di bilancio vigilate a BXL con una Banca centrale priva del potere di emissione della moneta proprio di ogni istituto con quelle competenze e funzioni.

In Italia, poi, servirà una tosatura a zero della spesa pubblica : dalle 20 Regioni e società derivate a 5-6 macroregioni con competenze esclusivamente legislative di programmazione e controllo con totale dismissione di tutte le partecipate et similia; un’analoga tosatura nelle spese dello Stato a livello ministeriale e negli enti derivati.

Se le caste politiche e burocratiche tenteranno ancora una volta di opporsi, insieme ai nodi scorsoi impostoci dalle assurde e illegittime norme europee ( Guarino docet) e dai poteri finanziari internazionali che hanno sovvertito il NOMA ( Non Overlapping Magisteria)  stabilendo il primato della finanza sull’ economia e la politica ridotte a ruoli ancillari, stavolta non sarà la ghigliottina, ma una  nuova “ assemblea della pallacorda”   destinata a compiere una rivoluzione politico istituzionale levatrice della Terza Repubblica o una drammatica uscita di tipo autoritario.

Spero di sbagliarmi, ma nasometricamente non vedo orizzonti diversi.

Ettore Bonalberti
www.alefpopolaritaliani.eu
www.insiemeweb.net
www.don-chisciotte.net

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