I divari di genere e la segregazione persistono, anzi aumentano. A dirlo è Eurofond, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro è una Agenzia dell’Unione Europea istituita nel 1975, il cui ruolo è quello di fornire conoscenze nel campo delle politiche sociali con particolare attenzione al lavoro. Il 24 novembre 2015, per la prima volta, sono stati presentati i dati della sesta indagine europea sulle condizioni di lavoro in occasione di un evento congiunto ad alto livello con la presidenza lussemburghese dell’Unione europea.
I dati resi pubblici solo oggi sono il risultato di un sondaggio (Cae) ad ampio raggio svolto ogni cinque anni da Eurofond a partire dal 1991; uno strumento che dovrebbe servire per misurare la qualità del lavoro in Europa. L’ultima edizione è stata condotta in 35 Paesi. L’analisi si basa su 28 Paesi Ue e ben 35.765 interviste nelle quali vengono poste domande su stato di occupazione, rischi fisici e psicosociali, orari di lavoro, sedi, competenze, formazione possibilità di carriera, relazioni sociali sul posto di lavoro, salute e benessere.
Ad una prima lettura si registrano dati apparentemente incoraggianti: tra i lavoratori e lavoratrici intervistati provenienti da 35 Paesi europei, la maggior parte di loro sono soddisfatti dell’orario di lavoro (58%), si sentono sostenuti dal loro manager (58%) e colleghi (71%) e la loro organizzazione li motiva a dare la loro miglior prestazione di lavoro (63%). Il rapporto, però, individua anche alcune lacune che esistono dal punto di vista della diversità: mentre donne manager sono in aumento, la segregazione di genere rimane persistente in tutto il mercato del lavoro europeo. I lavoratori più giovani sperimentano una maggiore intensità e precarietà del lavoro, mentre i lavoratori più anziani riportano che hanno meno accesso alla formazione. L’indagine ha inoltre rilevato significative differenze nella qualità del lavoro nelle diverse attività.
La percentuale di dipendenti il cui immediato capo (supervisor) è una donna è aumentata dal 24% del 2000 al 33% nel 2015. Tuttavia, l’85% dei dipendenti di sesso maschile ha un supervisore maschile. Gli uomini lavorano più ore e le donne più frequentemente lavorano meno ore (meno di 20 ore) e ovviamente guadagnano meno. Gli uomini riferiscono di essere più pagati nelle ore di lavoro, ma il numero totale delle ore di pendolarismo – e dunque dal lavoro non retribuito al giorno – è più elevato per le donne che per gli uomini.
I giovani lavoratori sono più esposti al lavoro a turni, a comportamenti sociali negativi e all’insicurezza del lavoro rispetto agli altri lavoratori. Questi ultimi (i lavoratori di età superiore ai 50 anni) segnalano prospettive più basse per l’avanzamento di carriera e formazione inadeguata.
Questi e altri risultati sottolineano la complessa realtà che i politici europei e i lavoratori e le lavoratrici si trovano ad affrontare, cercando di costruire organizzazioni performanti e competitive in Europa. Ma persistono delle differenze e ciò è particolarmente vero ragionando per genere. La segregazione prevale ancora in modo sorprendente: oltre la metà di tutti i lavoratori e lavoratrici, infatti, riferiscono di condividere il loro posto di lavoro soprattutto con colleghi dello stesso sesso (58% per gli uomini, 54% per le donne), mantenendo così una differenza di genere che non tende a modificarsi. In più è evidente la difficoltà dei giovani e dei lavoratori anziani. E così le differenze aumentano.