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La ripresa del mattone. In Irlanda

Come sempre sorvegliato speciale nelle analisi sulla stabilità finanziaria che la Bce svolge ogni sei mesi, il mattone europeo inizia a regalare qualche soddisfazione agli osservatori. Così almeno la racconta la Bce nella sua Financial stability review di novembre. Qui leggo che “in linea con il trend generale di ripresa dell’euro area, il mercato immobiliare ha continuato la sua crescita nella prima metà del 2015. Essendo già cresciuto moderatamente nel corso del 2014, il settore residenziale ha mostrato un momento positivo a livello aggregato dell’euro area”.

E in effetti le curve mostrano un moderato andamento positivo, più pronunciato per gli immobili commerciali che per quelli residenziali, ma comunque positivo. Nulla che, sempre la Bce, non avesse osservato in uno dei suoi precedenti bollettini economici, rispetto al quale però si può osservare una piccola differenza rispetto ai dati di un paio di mesi fa sull’aggregato.

In particolare il grafico mostra che nel secondo quarto del 2015 il contributo alla crescita dei prezzi dei paesi soggetti alla crisi (istogramma verde) è diventato impercettibilmente positivo. Ciò significa che i paesi che molto hanno contribuito al ribasso dei prezzi negli anni brutti, oggi sono tornati a contribuire positivamente al loro aumento. Ancora in minima parte, come si può osservare, ma di questi tempi è saggio guardare il bicchiere mezzo pieno per non deprimersi troppo. Anche perché, sennò, sarebbe facile notare che i principali contributori della ripresa dei prezzi europei sono i tedeschi, dove peraltro i prezzi sono lievemente rallentati nel secondo quarto senza che il contributo positivo dei Pigs sia servito a controbilanciarli.

Ma il problema dell’aggregato esiste anche a livello di Pigs. Il problema, infatti. è sempre lo stesso: la realtà che si può osservare a questo livello è sempre molto diversa da quella dei singoli paesi. Un altro grafico pubblicato nella review illustra perfettamente questa situazione. Il grafico confronta l’andamento dei prezzi residenziali nelle capitali o nelle grandi città in confronto con l’andamento nazionale. Le grandi città, infatti, sono solitamente un buon indicatore per capire quanto sia frizzante il mercato immobiliare.

Osservando possiamo apprendere alcune cose. Fatto 100 l’indice nel primo quarto 2010, nel secondo quarto 2015 la Spagna, che è stata fra i paesi che più di tutti hanno subito il crack immobiliare, è salita di pochi punti sopra il livello 2010 solo quest’anno. In Italia, che pur non essendo uno dei Pigs (almeno ufficialmente) la curva è praticamente schiacciata sul livello 100. Ciò vuol dire che i prezzi nelle grandi città sono rimasti perfettamente allineati con l’aggregato nazionale, che, incidentalmente, ha mostrato un trend declinante.

Dove la curva si impenna notevolmente è in Irlanda. Qui si osserva un indice che ha toccato quasi 130 a fine 2014 per ritornare poco sotto nel corso del 2015. Un andamento esuberante, persino più della Germania, dove i prezzi delle grandi città sono risultati in crescita fino al 20% in più rispetto al resto del paese. Ciò lascia presupporre che il mercato irlandese sia in fase espansiva, con tutto ciò che di buono e di cattivo ne può derivare.

La Bce infatti non manca di sottolineare che tali discrepanze “potrebbero trasferirsi anche alle aree circostanti”. E poiché in tale situazione si trovano diversi paesi, come la Francia e l’Austria, ciò da una parte è rassicurante, perché le tensioni sui prezzi potrebbero fornire lo spunto che manca alla ripresa dell’immobiliare, dall’altro è preoccupante perché i regolatori dovranno attrezzarsi per impedire che ciò conduca a un suo surriscaldamento.

Uno schema simile è stato osservato anche per gli immobili commerciali, dove la ripresa è stata più esuberante. Si è osservata una crescita degli investimenti da parte di fondi istituzionali e investitori americani, con la controindicazione però che la compressione dei rendimenti, vero mal comune dell’età dello zero lower bound, sta spingendo questi investitori verso il segmento non prime o i paesi non core.

Perciò “gli sviluppi dei prezzi devono essere monitorati molto attentamente”, visto che “l’outlook per il settore rimane vulnerabile nei confronti di avversi shock economici” e ciò può “mettere in pericolo l’attuale ripresa”. Inoltre, il settore rimane esposto alla fragilità finanziaria. Un rialzo dei tassi potrebbe aggiungere “ulteriori difficoltà a quegli investitori e prenditori che già ne hanno molte con cui confrontarsi”.

Speriamo di cavarcela.

Twitter: @maitre_a_panZer

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