Nell’annunciare l’addio alla magistratura il procuratore della Repubblica di Torino, Raffaele Guariniello, uno dei simboli della lotta contro gli infortuni sul lavoro e per la tutela dell’ambiente, ha lanciato un allarme “perché nei primi dieci mesi del 2015 gli incidenti mortali sul lavoro sono aumentati del 15% “.
Tale monito dovrebbe essere raccolto senza indugio, in primo luogo dal mondo del lavoro. In effetti mentre l’andamento delle denunce di infortunio continuano a calare da molti anni nel nostro Paese, per gli infortuni mortali si registra quest’anno una macroscopica inversione di tendenza.
Nei primi dieci mesi del 2015 i morti “in occasione di lavoro” sono stati 729 a fronte dei 628 dello scorso anno con una crescita del 16,1%, una differenza di 101 persone. Se si vogliono prendere in considerazione quelli che l’Inail definisce infortuni mortali “in itinere”, che avvengono nel percorso da e per il luogo di lavoro bisogna aggiungere 205 morti per i primi dieci mesi dell’anno scorso e 259 per l’anno in corso.
Il totale dei decessi è cresciuto in questo periodo in un solo anno del 18,6%, da 833 a 988. Considerato che nella statistica mancano gli ultimi due mesi si può dire che per le morti bianche il 2015 è l’anno del ritorno al passato con una media di 2 o 3 decessi al giorno a seconda che si considerino o meno gli incidenti stradali mentre ci si reca o si torna dal lavoro. E’ evidente che le due tipologie richiedono interventi differenti e che sono i morti sul lavoro a destare il maggior allarme sociale. Pur sottolineando le principali responsabilità di imprenditori e governo, bisogna anche riconoscere che purtroppo le risposte ( e soprattutto le proposte) che vengono dal sindacato non sono efficaci e spesso si esauriscono in azioni di protesta che non lasciano il segno.
Certo è difficile imporre concretamente la priorità della sicurezza sui luoghi di lavoro in un momento di crisi dove dilaga la concorrenza sleale e la stessa sensibilità dei lavoratori è messa a dura prova per il rischio di perdere il lavoro. Ma non è accettabile che i morti sul lavoro finiscano nell’elenco delle varie richieste che il sindacato diffonde periodicamente come agenda dei lavori con il Governo. Occorre anche informare l’opinione pubblica con iniziative diffuse nel territorio, tanto efficaci quanto prive di disagio nei confronti dei cittadini.
Il tema della sicurezza intesa come ordine pubblico è stato affrontato in primo luogo con una maggior presenza delle forze dell’ordine e con una diffusione capillare di telecamere. I problemi non sono risolti ma questi strumenti si sono rivelati efficaci. Non si capisce davvero perché il sindacato non faccia una battaglia senza quartiere per introdurre, anche utilizzando il Jobs Acts, telecamere di controllo in tutti i luoghi di lavoro. Ciò costituirebbe uno strumento di sicura efficacia per spingere i datori di lavoro, di fronte al rischio di prove inoppugnabili, ad un maggiore rispetto delle regole in materia di sicurezza.
Walter Galbusera