Pubblichiamo l’analisi del quotidiano Italia Oggi, per gentile concessione dell’autore Pierluigi Magnaschi, direttore di Italia Oggi e MF/Milano Finanza
Ieri Silvio Berlusconi è stato messo all’angolo in Europa. In modo pubblico e visibile. E perciò deflagrante sul piano della sua immagine. Berlusconi ha infatti partecipato a Bruxelles a una riunione del Partito popolare europeo (Ppe) con il leader tedesco Angela Merkel e il presidente del Ppe, Martens.
Poteva trattarsi di uno dei soliti incontri fra leader importanti di partiti gemelli in Europa. A rompere fragorosamente le uova nel paniere di Berlusconi è però stata la presenza all’incontro di Mario Monti, che non avrebbe dovuto essere lì in quanto non è nemmeno iscritto al Ppe ma che invece era legittimato a partecipare perché era stato invitato all’incontro dal presidente del Ppe, Martens . L’invito a Monti e la sua partecipazione al summit significavano che il Ppe prendeva sotto le sue ali il premier italiano e, di fatto, lo imponeva a Berlusconi. In altre parole, dovendo scegliere se accordare la sua fiducia a Berlusconi o a Monti, la negava al primo e l’attribuiva al secondo.
La Merkel è stata diplomatica. Infatti, pur non condividendo la decisione di Berlusconi di togliere il sostegno al governo Monti, non ha enfatizzato questo aspetto dicendo: «Che in Italia si votasse in primavera era già previsto, per cui, adesso, si voterà solo qualche settimana prima». Non è questo il punto, per lei. La Merkel però ha subito anche detto: «Io sostengo la strada delle riforme portata avanti da Monti». Con questa sua seconda affermazione, la Merkel ha quindi preso le distanze da Berlusconi che, nei giorni scorsi, aveva criticato appunto la politica economica del premier italiano. Il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo di Strasburgo, il francese Joseph Daul, è stato, da parte sua, molto più urticante e preciso nei confronti di Berlusconi dicendo: «Siamo molto preoccupati per gli avvenimenti in Italia», nel senso che «per l’Europa e per l’Italia non ci possiamo aspettare una politica spettacolo».
Chi sia l’imputato italiano della politica spettacolo, anche se non è stato indicato nominativamente, è facile da indovinare. Per chi si ostinasse a non capire, il capogruppo Daul ha anche detto che il Ppe sta «con chi dice la verità ai cittadini, non con chi spera di ottenere voti con vane promesse populistiche». Peggio di così, per Berlusconi non poteva andare. A Bruxelles.
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