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Ecco cosa temere per Veneto Banca

Ho scritto di “ rivoluzione fiscale passiva” intendendo quella che il ceto medio produttivo italiano potrebbe realizzare, vessato oltre il ragionevole dal fisco e vittima di un sistema bancario sempre meno dedito alla sua specifica funzione di prestatore di moneta e sempre più protagonista e vittima di temerarie operazioni finanziarie.

Ridotta ai minimi termini la disponibilità di cassa e dovendo scegliere tra versamenti contributivi, trimestrali Iva, tasse, bollette e balzelli vari di fine anno, e il pagamento di dipendenti e fornitori, potendo, non v’è dubbio che commercianti, artigiani, agricoltori e piccoli e medi  industriali, preferiranno quest’ultimo ai primi. E il conseguente crac del sistema Stato sarebbe inevitabile.

E’ pur vero che, come scriveva Flaiano: “gli italiani  vogliono la rivoluzione, ma preferiscono fare le barricate con i mobili degli altri”, ma quando accade ciò che sta succedendo nell’affaire delle quattro banche del centro Italia, o sta avvenendo per gli imprenditori del Nord Est, possessori di azioni di Veneto Banca che hanno perso gran parte del loro valore d’acquisto con conseguenze drammatiche per i bilanci societari dei piccoli risparmiatori e investitori, tra i quali le imprese suddette, la situazione diventa veramente grave e molto seria.

Perduta in parte la storica funzione per cui nacquero queste banche popolari e del territorio, compresa quella elementare di cambio valuta (la ragione primigenia della nascita del sistema bancario al tempo dei mercanti imprenditori del 1200 italiano; qualche giorno fa ho chiesto proprio a Veneto Banca di cambiarmi alcune valute cartacee straniere risultanti da viaggio all’estero sentendomi rispondere che tale funzione non rientra tra quelle svolte da quella Banca ?!)  e tuffatesi nelle spericolate operazioni finanziarie, derivati e acquisto di edge funds compresi, oltre a quelle collegate ai prestiti ad amici e famiglie più o meno garantiti, quelle che hanno rappresentato per molti anni fattori di promozione e sviluppo delle attività delle nostre PMI, stanno ora rischiando di diventare cause dirette della loro morte economica.

Comprendiamo sempre meno l’arrogante baldanza del giovin signore fiorentino illegittimamente assurto al ruolo di capo del governo e siamo fortemente preoccupati per ciò che potrà accadere a breve con la crisi generalizzata del terzo stato produttivo, unico motore reale del sistema Italia, dal quale dipendono tanto gli agi, gli sprechi e le sregolatezze della casta, quanto i sudati emolumenti dei diversamente tutelati, e le stesse rapine del quarto non Stato.

La fase del disimpegno elettorale e del disorientamento generale del terzo stato  è destinata a concludersi e dopo? Dopo può succedere di tutto.


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