Nei giorni scorsi la Commissione EU ha presentato alcune prime iniziative concrete in materia di contenuti digitali nel contesto della strategia dell’Agenda Digitale. Una prima misura ha riguardato la proposta per l’adozione di un regolamento in sulla portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online con l’obiettivo di eliminare le restrizioni territoriali per consentire ai cittadini dell’UE che si spostano in un altro Stato membro di continuare ad accedere ai contenuti digitali che hanno acquistato o per i quali hanno sottoscritto un abbonamento nel proprio paese di origine. La portabilità transfrontaliera dei contenuti online dovrebbe diventare una realtà nel 2017.
Le norme sulla portabilità dei contenuti presentate, secondo la Commissione, sono un primo passo verso il miglioramento dell’accesso alle opere culturali. Per citare solo alcuni esempi, gli utenti francesi del servizio online MyTF1 per film e serie non possono noleggiare un nuovo film se sono in viaggio di lavoro nel Regno Unito; gli abbonati olandesi a Netflix che si recano in Germania possono accedere solo ai film che il servizio offre ai consumatori tedeschi, mentre in Polonia non possono usufruire di Netflix perché il servizio in tale paese non è disponibile. Con la riforma tutto è destinato a cambiare. I consumatori potranno usufruire dei contenuti online ai quali hanno accesso nel proprio Paese, cosa già possibile oggi per la musica, anche per film, serie TV e giochi – anche quando viaggiano nell’UE, senza alcuna restrizione.
La Commissione ha adottato inoltre due proposte sul commercio elettronico: una sulla fornitura di contenuti digitali e una sulla vendita di beni online. Due proposte che dovrebbero affrontare i principali ostacoli al commercio elettronico transfrontaliero nell’UE: la frammentazione giuridica nel settore del diritto contrattuale dei consumatori, che genera alti costi per le imprese, soprattutto per le PMI, e scarsa fiducia dei consumatori quando acquistano online da un altro paese.
Il commercio elettronico, come è noto, è in crescita, ma il suo pieno potenziale rimane inutilizzato sia per le imprese che per i consumatori europei: solo il 12% dei venditori al dettaglio dell’UE vende online a consumatori di altri paesi dell’UE, mentre sono tre volte più numerosi (il 37%) quelli che operano nel proprio paese. Analogamente, solo il 15% dei consumatori acquista online da un altro Stato membro dell’UE, mentre quelli che fanno acquisti online nel proprio paese sono tre volte tanti (44%).
L’ eliminazione degli ostacoli dovuti alle differenze in materia di diritto contrattuale dovrebbe risultare molto positivo per l’economia europea. Secondo le previsioni, oltre 122 000 imprese dell’UE potrebbero iniziare a vendere a consumatori di altri Stati membri, e il numero totale dei consumatori che acquistano online da altri paesi dell’UE potrebbe arrivare fino a 70 milioni. Ciò contribuirà ad aprire nuovi mercati, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI), intensificherà la concorrenza e stimolerà la crescita economica: i consumi nell’UE dovrebbero aumentare di 18 miliardi di euro grazie all’abbassamento dei prezzi al consumo e il PIL dell’UE dovrebbe crescere di 4 miliardi di euro rispetto al livello attuale.
Ai consumatori sarà garantito un livello più elevato di tutela e una più ampia scelta di prodotti a prezzi più competitivi:
Inversione dell’onere della prova:ad esempio, se un consumatore italiano dovesse scoprire, oggi, che un prodotto acquistato online più di 6 mesi fa è difettoso e chiedesse al venditore di ripararlo o sostituirlo, potrebbe essere tenuto a dimostrare che il difetto esisteva al momento della consegna. In base alle nuove norme proposte, durante l’intero periodo di garanzia di due anni i consumatori saranno in grado di chiedere un rimedio senza dover dimostrare che il difetto esisteva al momento della consegna.
Diritti chiari e specifici per il contenuto digitale: ad esempio, un consumatore che scarica un gioco che in quel momento non funziona correttamente può, allo stato attuale, ricevere come risarcimento soltanto uno sconto per scaricare altri giochi in futuro. Con la proposta di direttiva, i consumatori saranno in grado di chiedere che tali problemi siano risolti e, se ciò non è possibile o non avviene correttamente, potranno ottenere una riduzione del prezzo o risolvere il contratto ed essere rimborsati integralmente.
Le imprese saranno così in grado di fornire contenuti digitali e vendere beni online a consumatori di tutta l’UE sulla base del medesimo corpus di norme contrattuali:
La certezza del diritto e un ambiente favorevole alle imprese: oggi le imprese sono costrette ad adeguarsi alle norme di diritto contrattuale degli Stati membri in cui vendono, con dispendio di tempo e denaro. Con la normativa proposta, le imprese non dovranno più far fronte a questa frammentazione: potranno fornire contenuti digitali e vendere beni online a consumatori di tutti gli Stati membri sulla base del medesimo corpus di norme fondamentali di diritto contrattuale.
Risparmi per le imprese: le imprese sono oggi costrette a sostenere un ulteriore costo una tantum pari a 9 000 EUR per adeguarsi al diritto contrattuale nazionale di ogni nuovo Stato membro in cui desiderano vendere. Con le nuove norme valide in tutta l’UE, un’impresa potrebbe risparmiare fino a 243 000 euro se desidera operare in tutti gli altri 27 paesi dell’UE.
Il pieno potenziale delle vendite online è ancora poco sfruttato nell’UE: nel 2014 la quota del commercio elettronico nell’intero settore al dettaglio in Europa era del 7,2%, mentre negli USA ha raggiunto l’11,6%.
Con la roadmap sul copyright, la Commissione ha inoltre indicato quali potrebbero essere le iniziative atte a modernizzare il settore del diritto d’autore e dei diritti connessi. Una proposta molto bilanciata e che media tra le esigenze dei consumatori e quelle dei titolari dei diritti. In primo luogo Commissione ha intenzione di intervenire sul fronte delle principali eccezioni al diritto d’autore previste dalla normativa UE. Le eccezioni permettono di utilizzare le opere protette dal diritto d’autore, in determinate circostanze, senza l’autorizzazione preventiva dei titolari dei diritti. La Commissione intende rivedere le norme UE perché sia più semplice per i ricercatori utilizzare le tecnologie di “text mining e data mining” per l’analisi di grandi insiemi di dati. L’istruzione è un’altra priorità. Ad esempio, sono necessarie norme migliori e più chiare, valide in tutta l’Europa, per gli insegnanti che offrono corsi online. La Commissione intende inoltre permettere alle persone con disabilità di accedere a un maggior numero di opere, così come previsto dal Trattato di Marrakech.
Un altro tema rilevante è quello del value gap, la discriminazione remunerativa tra i vari attori della filiera dei diritti. E’ intenzione della Commissione valutare se l’utilizzo online delle opere protette dal diritto d’autore, risultato degli investimenti di autori e industrie creative, è adeguatamente autorizzato e remunerato tramite licenze. In altre parole, vaglierà se i benefici derivanti dall’utilizzo online delle opere sono equamente ripartiti. In tale contesto la Commissione esaminerà il ruolo dei servizi di aggregazione delle notizie. L’approccio adottato sarà proporzionato: non c’è alcuna intenzione di “tassare” i collegamenti ipertestuali; in altre parole, agli utenti non verrà chiesto di pagare per condividere un collegamento ipertestuale a contenuti protetti dal diritto d’autore. La Commissione valuterà inoltre la necessità di soluzioni a livello UE per rafforzare la certezza giuridica, aumentare la trasparenza e garantire un maggiore equilibrio nel sistema che disciplina la remunerazione degli autori e degli interpreti ed esecutori, tenendo conto delle competenze dell’Unione e di quelle nazionali. I risultati della consultazione pubblica in corso sulle piattaforme e gli intermediari online, dove decine di organizzazioni di categoria, tra le quali FIMI, stanno rispondendo contribuirà a questa riflessione generale.
Una più ampia disponibilità dei contenuti aiuterà a combattere la pirateria, se si considera che il 22% degli europei ritiene che i download illegali siano accettabili in assenza di alternative legali nel proprio Paese. In Italia, grazie all’azione di enforcement di Guardia di Finanza, magistratura e Agcom da un lato, e dall’altro dall’esplosione dell’offerta di musica in streaming, la pirateria è scesa di dieci punti percentuali in poco più di due anni. La Commissione andrà oltre facendo in modo che le norme in materia di diritto d’autore siano applicate correttamente in tutta l’UE nel quadro del suo approccio globale inteso a meglio garantire il rispetto di tutti i tipi di diritti di proprietà intellettuale. Nel 2016 lavorerà su un quadro europeo legato al “follow the money” per tagliare i flussi finanziari verso le imprese che traggono profitti dalla pirateria. Saranno coinvolte tutte le parti interessate (titolari di diritti, fornitori di pubblicità e di servizi di pagamento, associazioni di consumatori, ecc.) con l’obiettivo di trovare un accordo entro la primavera del 2016. Intende inoltre rendere più efficiente la rimozione di contenuti illegali da parte degli intermediari online.
Sul fronte del contrasto online, a livello italiano, sarà anche di rilievo quanto verrà deciso dalle Corti amministrative sul Regolamento Agcom, un provvedimento oggi all’avanguardia, ma ancora contestato nelle Corti giudiziarie. Dopo la decisione della Corte Costituzionale di rigettare i ricorsi per inammissibilità contro il Regolamento, la battaglia torna al TAR, benché da tempo ormai i giudici amministrativi si siano espressi sui poteri impliciti delle autorità come Agcom o Agcm. In particolare, sul conferimento di poteri regolamentari a tali Autorità non v’è mai stato dubbio. Lo stesso Consiglio di Stato, peraltro, nel rendere parere sullo schema di decreto legislativo relativo al Codice delle assicurazioni, ha definitivamente chiarito come in capo alle Autorità indipendenti “siano configurabili funzioni normative”, essendo necessario superare, a vantaggio del c. d.”policentrismo normativo “la tradizionale impostazione negativa, secondo la quale l’ attribuzione di poteri normativi risulta configurabile solo a soggetti dotati di rappresentatività (Sez. consult. Atti normativi, 14 febbraio 2005, n.11603/04, §§ 6. ], 6. 2., 6. 3 e 6. 51.
Non solo, nella sent. Sez. II, 13 dicembre 2011, n. 9710 (integralmente confermata,in appello da Cons. Stato, Sez. III, 12 aprile 2013, n. 2009” tali poteri sono ancora più articolatamente definiti. Difficile che TAR e Consiglio di Stato possano pensare di fare marcia indietro su tali impostazioni.